VIAGGI&PERSONAGGI, di Federico Formignani.
Fisico massiccio, capelli a spazzola, riservatezza da Stasi. Racconta della Ddr. E la rimpiange: “All’Ovest usavano la forchetta meglio di noi, ma noi sapevamo usare meglio la chiave inglese”.
Il fiume Warnow, nella sua corsa verso nord, si allarga e dà forma all’estuario che finirà a Warnemünde, nel mar Baltico. La pilotina scivola fra enormi cantieri, gru, capannoni, sfiorando i numerosi moli che delimitano il porto di Rostock, un tempo fra i più importanti della famosa Lega Anseatica. Nel ricordarlo, Ulrich Kunze, dell’ufficio turistico della città, mi presenta l’uomo che illustrerà ciò che si vede su entrambe le sponde del fiume.
È il signor Karl, amico del proprietario della pilotina, che dice di avere 52 anni e si qualifica come imprenditore del settore edile. La riservatezza di questo omone dal viso largo, dagli occhi chiari e dai capelli a spazzola, che parla con un tono di voce basso e misurato, è senza dubbio di origine caratteriale, ma non è escluso (mi viene da pensare) che sia riservato per via dell’imprinting indelebile dell’altra Germania.
Con l’aiuto di una birra – niente di meglio per annullare le naturali distanze – Karl ricorda ai compagni di viaggio un passato da alto funzionario della ex DDR, ben inserito negli ingranaggi politici del Partito Comunista; un uomo della “nomenklatura”, dunque.
L’uomo di Rostock, sin dai primi anni Sessanta, ha partecipato anima e corpo alla vita del Partito; tutti lavoravano con impegno, ricorda, e se è vero che i guadagni erano inferiori di un buon 60% se paragonati a quelli della Germania Occidentale, era altrettanto vero che tutti potevamo godere di un’assistenza scolastica e sanitaria gratuite, di vacanze pagate, di asili nido che si occupavano dei piccoli per l’intera giornata.
Perché è finita la DDR? Perché era uno stato economicamente e politicamente asfittico; questo pezzo di Germania, prosegue Karl, aveva vagheggiato un socialismo reale e si è trovato improvvisamente allo sbando: “…ha finito per vendersi all’Ovest in maniera totale; una vera e propria resa senza condizioni.” Dopo l’ennesimo “prosit” di consolazione, Karl conclude: “Altro che unificazione, quella messa in atto dalla Germania Occidentale è stata una vera annessione”.
Ci stiamo avvicinando al mare. È una giornata di sole che va e viene e di vento impetuoso. Karl mostra ora il punto, sulla sponda sinistra, dove sorgono i nuovi quartieri Gross Klein e Lichtenhagen e ricorda che nel 1992 proprio qui c’è stato il primo assalto alle abitazioni di immigrati; un episodio che non sarebbe purtroppo rimasto isolato nel tempo.
Sul filo di questa riflessione, ma di segno decisamente opposto al fenomeno “migrazione”, l’uomo dell’Est giustifica la vecchia classe dirigente; si è trovata completamente spiazzata a contatto con i giovani imprenditori dell’Ovest che avevano riacquistato le ditte appartenute un tempo ai loro padri, ai loro nonni; un deplorevole atteggiamento di superiorità e di scarsa disponibilità al dialogo, da parte di questi giovani manager, aveva di fatto impedito qualunque tentativo di integrazione.
Il tono di voce è ora leggermente risentito e Karl accusa di nuovo quelli dell’Ovest (“dicevano che ci hanno insegnato a tenere in mano la forchetta; magari a ragione, se parliamo di buone maniere. Ma noi sapevamo tenere in mano una chiave inglese; sicuramente meglio di loro“).
Chiedo infine a Karl cosa rimpianga della vecchia DDR; la vis comica dei suoi concittadini, è la risposta. A sorpresa, con l’unico sorriso di questo breve viaggio, l’uomo di Rostock racconta la seguente storiella: “Ogni anno, a Rostock, aveva luogo il festival della satira politica; racconti, barzellette, siparietti teatrali. Il primo premio era ambitissimo: vent’anni di Siberia, tutto incluso!”
L’ennesima birra, questa volta a Warnemünde, suggella l’incontro.