Dopo un anno di ammuine e (forse finti) scontri, sulla questione dei compensi scoppia la pace tra Odg e Fnsi. Il risultato, celebrato con panettone e prosecco in un’atmosfera natalizio-carbonara, è un aborto. Di cui unica (predestinata?) vittima sono i freelance.

Mi stupisco di me stesso. Ma non mi pento.
Mi stupisco di non aver dato retta a quella strana sensazione, al sesto senso che da tempo mi suggeriva: attento, qui gatta (Silvestra) ci cova.
Non mi pento invece di aver dato fiducia alla linea di Enzo Iacopino, appoggiandone nei limiti del (mio, modesto) possibile la ricandidatura a presidente dell’OdG, pur turandomi il naso al cospetto di una “coalizione” di sostegno composta da soggetti fin troppo eterogenei, che palesemente non solo non avevano nulla in comune tra loro, ma spesso erano proprio portatori di interessi opposti.
Eppure mi sono fidato.
Non vedevo alternative e contavo almeno sull’esistenza di un tacito patto tra gentiluomini. Sulla lealtà.
Lo ammetto: non è da me.
Non è da uno che sa bene come funzionano i cinismi e la brutalità della politica, inclusa quella giornalistica. Dove, se la ragion di stato lo impone, non ci si pensa troppo a buttare dalla torre amici e alleati.
Ecco, dopo il party di San Silvestro celebrato in gran segreto tra pochi, selezionatissimi (non si capisce in base a cosa, o forse sì) “esperti” in materia di professione e di tariffe, il compromesso storico tra gli ex cane e gatto Odg e Fnsi è sbocciato. Terreno di incontro: l’equo compenso, cioè la telepoliticonovela della stagione. Vittima sacrificale: i liberi professionisti della penna, scaricati e immolati sull’altare di una soluzione che definire grottesca è poco.
Quale?
La riesumazione del famigerato “tariffario”.
Sì, avete letto bene. Quello che per decenni, in fase di contenzioso tra freelance e editori, a causa delle ridicole malinterpretazioni ordinistiche ha fatto più danni della grandine (a scapito dei giornalisti, s’intende) e che fu abolito da Bersani su ordine dell’Ue.
E’ questa la “soluzione” escogitata durante il pensatoio di Capodanno dal drappello di sapienti per arrivare con qualcosa in mano alla fatidica riunione della commissione per l’equo compenso, fissata per domani.
Se volete divertirvi, andatevi a leggere l’alluvione di commenti che sta intasando Facebook. Io non perdo nemmeno tempo a farvi la sintesi.
Il senso è il seguente: siccome il giornalistificio continua a vomitare tesserati senza speranza di lavoro, che vanno ad aggiungersi alle altre migliaia già vomitati nell’ultimo decennio, e siccome non si riesce ad arginare la massa di abusivi (non di rado illusi o masochisti, ma questo è un altro discorso) che, camuffati da “autonomi” (collaboratori monomandatari, false partite iva, imbucati tout court) affollano le redazioni lavorando gratis o per 3 euro a pezzo a favore di editori che, chiamali stupidi, sono ben lieti di approfittare di tanta cieca liberalità, che si è pensato?
Semplice: usiamo lo strumento dell’equo compenso – cioè il principio, imposto ex lege, di un minimo unico e inderogabile delle prestazioni giornalistiche, garantito per tutti e base della contrattazione individuale, pilastro della libera professione – per dare a questi falsi freelance (tra i quali, chiariamolo, professionalmente parlando stanno talvolta anche ottimi giornalisti e ci sono sia vittime vere che carnefici di se stessi) un falso stipendio.
Come? Riesumando appunto un tariffario, meticoloso, scandito per tipologie e prestazioni.
Peccato che i compensi previsti siano fatti di spiccioli e lontani anni luce non solo dal mercato “vero”, ma dal minimo indispensabile per costituire una concreta fonte di sostentamento per chi, come i liberi professionisti, non produce piccoli articoli quotidiani “in serie” ma reportage, inchieste, corrispondenze da zone pericolose, scritti che richiedono settimane di lavoro, approfondimenti, investimenti, rischi, spese in proprio.
Qualcuno dice: sono minimi, i compensi vanno a salire. Bella sciocchezza: l’effetto ribassista di qualunque tariffario è tanto solare che non c’è bisogno di spiegarlo.
Dice qualcun altro: protestate voi che avete la “pancia piena“. Pancia piena? A parte che averla piena (grazie ai frutti del proprio lavoro, del proprio ingegno, del proprio coraggio e, diciamolo una volta per tutte, delle proprie capacità) non è per fortuna un reato, con buona pace della demagogia corrente, il sospetto è che la pancia piena ce l’abbiamo i tanti generosi che lavorano per anni in cambio di un panino al giorno. Perchè siccome nessuno campa d’aria, è evidente che chi gioca a fare il volontariato giornalistico sopravvive con altri lavori e con altri redditi. Cosa lecita, sia chiaro. Ma è giusto che questo mandi in rovina chi, invece, con alto spessore professionale, di questo lavoro ci campa? Secondo me non solo non è giusto: è inaccettabile.
Ma non finisce qui, perchè a mio parere questa è solo la foglia di fico, il sipario dietro il quale si cela la vera questione.
E cioè: quanto accaduto forse non è stato il frutto di una cattiva digestione dei cenoni o di una sbornia più cupa del solito, ma un disegno preciso e tracciato da tempo.
Mettiamo insieme i pezzi.
Pezzo primo: a primavera Iacopino è stato rieletto a sorpresa, contro forze ostili che sembravano preponderanti, grazie alla mobilitazione di una coalizione trasversale la quale, come sempre accade, avrà richiesto la sottoscrizione di inevitabili cambiali giunte, ora, all’incasso per mano dei colonnelli che capeggiavano la coalizione medesima. E i debiti si pagano.
Pezzo secondo: la legge sull’equo compenso e la presenza, al tavolo della commissione, dell’Odg sono sempre state avvertite dall’inane sindacato non solo come un’indebita invasione di campo, ma come una manovra capace di indebolire sia il suo ormai scarsissimo appeal sui giornalisti, sia il suo potere contrattuale presso la Fieg, con la quale è in procinto di cominciare la maratona del rinnovo contrattuale. Ridare al fronte giornalistico un’apparente ricomposizione potrebbe essere stato il prezzo chiesto dall’Fnsi all’Ordine per sospendere i sabotaggi occulti (leggi accordi paralleli con gli editori) finora portati alla trattativa sull’equo compenso. Da parte sua, per non calare le brache e mantenere il pallino del gioco dei compensi, l’OdG potrebbe aver controproposto la trovata del tariffario, sua già storica prerogativa istituzionale. Così si salvano capre e cavoli della finzione.
Pezzo terzo: con squisita e perfino in teoria condivisibile logica politica, alla fine si decide di scontentare i meno numerosi (leggi: meno potentati ed elettoralmente meno pesanti) e i meno simpatici (appena il 7% dei freelance è iscritto all’Fnsi, il restante 93%, dopo anni di prese in giro, andrebbe volentieri in Federazione coi forconi). Pazienza se costoro erano anche i più bisognosi di un equo compenso “serio”, che per loro fungesse non certo da riferimento tariffario, ma da principio.
Pezzo quarto: dopo l’ipocrisia ex ante (forse il fine giustifica i mezzi), quella ex post. La più intollerabile Nessuno, ripeto nessuno, che sappia o abbia il coraggio di spiegare la ratio delle determinazioni prese, di dare conto delle scelte fatte o dei parametri assunti per la fissazione dei minimi e nemmeno di esplicitare i criteri di scelta del manipolo di colleghi chiamati, in gran segreto (ma con quanto preavviso? Io credo parecchio), a costituire la commissione tariffante.
La probabile ragione di tanto silenzio potrebbe essere il timore che una parola di troppo incrini la recita destinata a andare in scena domani davanti al sottosegretario Legnini, come se lui non fosse abbastanza scafato da non capire il senso della sceneggiata. Un’altra probabile ragione potrebbe essere il comprensibile imbarazzo. Un’altra ancora l’assoluta mancanza di argomenti. Secondo me sono tutte queste ragioni insieme.
Comunque, ora che l’ascia di guerra è dissotterrata, ci sarà da divertirsi: domani e agli attesi “Stati Generali dell’Informazione Precaria” convocati in seconda edizione sabato 11 gennaio mattina a Firenze.
Vediamo ora se il governo rigetterà subito la bislacca idea del tariffario o se, per prendere tempo (che sia questo il vero motivo della lungagnata messa in campo?), si attenderà che sia l’Ue a affossarla. Nel frattempo, l’Fnsi potrà mettersi all’occhiello il doppio fiore dell’equo compenso e della pace con l’Odg, andando tranquilla ad elezioni e gestendo in esclusiva la trattativa del rinnovo, senza dover litigare cogli editori sugli “autonomi” già tacitati con il contentino del tariffario.
Poi, quando tra un annetto le legge sull’equo compenso, che ha durata triennale, sarà agli sgoccioli, il contratto sarà firmato con piena soddisfazione dei soliti noti&garantiti, si sarà allestito il solito congressino sindacale dal tonitruante manifesto finale a favore dei “non contrattualizzati” e, insomma, tutti noi freelance avremo finito di vivere professionalmente, qualcuno verrà sulla tomba di noi cari estinti a piangere lacrime di coccodrillo.
Che peste lo colga.
Nella speranza che nella manciata di ore notturne che mancano a riunione romana qualcuno, colpito da un sussulto di onestà intellettuale o di volontà di chiarezza, trovi la forza di rispondere alle tante domandine rimaste in questi giorni in sospeso.