Ma il lettore che s’aspetta dal recensore? Che prenda per buono tutto quello che gli raccontano o che domandi, indaghi, approfondisca, al limite punzecchi per capire e giudicare meglio? Ecco, su un caso come questo il cliente vorrei capire da che parte sta.
Premessa: detesto i colleghi rompicoglioni. Quelli, cioè, che per eccesso di zelo tormentano, indagano, infieriscono per principio come Torquemada alla ricerca di colpe tutte da provare. Distruggendo il lavoro di qualcuno, che merita sempre rispetto anche se magari il risultato non è perfetto.
Quello di cui sto per parlare è però un caso diverso.
C’è un collega che va a mangiarsi una bistecca in una trattoria fiorentina. Bistecca annunciata nero su bianco di “chianina“. Ma alla richiesta di chiarimenti, il titolare nicchia. Svicola. Infine si arrabbia e caccia il giornalista.
Intendiamoci: quest’ultimo non discettava sulla questione, del tutto soggettiva, che la bistecca fosse buona o non buona, cotta bene o male, dura o tenera. No, chiedeva chiarimenti su una caratteristica esplicitamente dichiarata: l’origine “chianina” della carne. Una cosa che è normalmente tracciabile.
E’ successo ad Aldo Fiordelli, socio fondatore di Aset, giornalista del QuiFirenze-CorriereNazionale e responsabile in Toscana della Guida I Ristoranti d’Italia de L’Espresso.
Ecco la sua nota: “Sono stato invitato a lasciare il ristorante nel quale mi ero recato per scrivere una recensione nell’ambito della rubrica sulla bistecca alla fiorentina, che curo sul mio quotidiano. Il ristoratore, titolare di una nota trattoria fiorentina, dopo le ripetute domande sulla provenienza della bistecca e sul peso della medesima si è spazientito invitando me e i miei due commensali a trovarsi un altro ristorante“.
Va da sè che Aset, di cui sono presidente, condivide gli sforzi dei giornalisti enogastronomici al fine di reperire le notizie, promuove un’informazione su cibo e vino che sia la più accurata possibile e tutela il diritto di critica dei propri iscritti. Inoltre sottolinea l’importanza della trasparenza da parte di tutti i soggetti coinvolti nei processi di diffusione delle informazioni, stigmatizzando atteggiamenti, nella più rosea interpretazione, di chiusura nei confronti della stampa o peggio dei cittadini clienti.
E allora chiedo: con tutto il rispetto per il ristoratore e il suo lavoro, nobilitato (ipse dixit) dallo “stare qui dalla mattina alla sera“, in casi del genere il cliente che dovrebbe dire? E da che parte stare?