Libri & vini/3. La mia passione per quel vino d’Abruzzo è nota. Quella per le questioni genealogiche, altrettanto. Così, quando ho incrociato lo Spelt 2013 La Valentina e il nuovo libello di Cinzia Montagna sul mistero di Camilla, la duchessa-monaca…

In omaggio al romanzo di Nick Hornby che dà il nome (o no?) a questa blog-zine, potrei attaccare sciorinando la classifica delle mie passioni. Che elencherebbe, senza dubbio, anche un po’ delle cose di cui mi accingo ora a parlare: i libri, le vicende occulte sulle quali indagare (deformazione professionale?), le genealogie e il Cerasuolo d’Abruzzo.
Per non annoiare nessuno, prima di entrare nel vivo mi limiterò a queste frettolose spiegazioni.
Amo i libri per istinto naturale, amo le indagini per le ragioni dette, amo le genealogie perchè amo la tradizione (e senza conoscerne le radici una tradizione non è tracciabile) e amo il Cerasuolo abruzzese perchè ad esso è legata una memorabile esperienza enogastronomica del passato.
Il fatto è che ieri, un po’ per caso e un po’ no, mi sono capitati in mano, contemporaneamente, proprio una bottiglia di quel vino e un libro che parla di oscure vicende genealogiche. Ambedue giacevano in paziente attesa di cogliere il loro momento: l’una in frigo e l’altra sul bracciolo della mia poltrona preferita.
Il secondo (“E’ tornato il cane nero“, edito dal Circ. Cult. I Marchesi del Monferrato, 2014, 10 euro) è un volumetto – il sequel, direbbero gli amerigani – di un intrigante romanzo storico (ne parlai qui) scritto un paio di anni fa da Cinzia Montagna, valente e mordace collega che, dopo aver riesumato dai bassifondi del tempo la vicenda seicentesca della contessa Camilla Faà di Bruno, sposa/non sposa del Duca Ferdinando Gonzaga e sacrificata alla ragion di stato per essere inghiottita da un convento, si è messa i panni del detective (maschio), affiancata da Gridonia, fido petauro dello zucchero da compagnia. E ha deciso di andare al fondo di una storia tutt’altro che chiara. Anche se in realtà il libello è più che altro un aggiornamento, un approfondimento reso indispensabile dalle nuove scoperte che l’autrice ha fatto nel frattempo: tra le quali la più saliente è la comparsa, ritratto accanto alla nobildonna, di un cane nero che una mano misteriosa aveva successivamente nascosto con un nuovo strato di pittura. Perchè? E con quale significato? C’è un legame con l’intrigo di date, documenti e muscose lapidi che, anzichè sciogliere l’enigma, lo alimentano?
Il connubio di arte, titoli, simboli, labirinti e carte ingiallite ha sortito su di me un effetto irresistibile.
Ad immergermi definitivamente nella temperie, come in una sorta di onirico viaggio, ha contribuito l’ottima bottiglia di Spelt, il Cerasuolo d’Abruzzo Superiore 2013 Doc della fattoria La Valentina, che avevo a bella posta stappato prima di aprire il libro. Nella convinzione, rivelatasi giusta, che quel vino di gran piacevolezza e corpo, ma agile e profumato, con tutto il nerbo del Montepulciano 100% e insieme la levità della sua freschezza, fosse capace di tenermi al riparo dalle eccessive facilità potatorie indotte da uno dei rari pomeriggi davvero estivi di questa stramba estate. Senza però distrarmi eccessivamente dalla lettura, come qualcosa di più alcoolicamente e organoletticamente impegnativo avrebbe potuto fare.
Insomma la scorrevole viscosità cerasuola dello Spelt ha finito per impregnare completamente di sè l’eterea vicenda di Camilla. E viceversa.
Tra i due, il vino è decisamente più accessibile, perchè si esprime attraverso i sensi e la sua etichetta non lascia dubbi su chi, cosa, come, perchè: appena 3.500 bottiglie, un bellissimo colore di melograno, un bel frutto rotondo e un naso complesso, variegato. Poi però arrivi al nome e la mente torna a farsi domande affatto simili a quelle interrotte a proposito di Camilla. Che vuol dire Spelt? E’ il termine con cui i longobardi, ci spiegano, antichi dominatori delle terre abruzzesi, chiamavano il farro, cereale-base della loro alimentazione. Da cui Spoltore, il comune sul territorio del quale sono prodotte le uve di Montepulciano usate per fare il vino.
Lunga sorsata, breve riflessione e rieccoci al libro.
Fonte – lo dico per ragioni strettamente personali – di inquietanti coincidenze che, in sequenza, tirano in ballo la monaca di Monza, la governatrice di Siena e un’antica chiesetta di Cembra, in Trentino, dove, nonostante i bellissimi affreschi, fino a qualche anno fa il parroco posteggiava l’auto.
La sensazione finale è che le cose non succedano mai per caso.
Nemmeno l’incontro tra Camilla Faà di Bruno e il Cerasuolo Spelt de La Valentina.
Infatti scrivo questo pezzo mentre, in contemporanea, scambio con l’autrice email e interrogativi.
To be continued…