Alla vigilia dell’attesissima tournée italiana dei King Crimson, gli organizzatori lanciano un annuncio: per esplicito volere della band, niente foto, nè registrazioni, nè filmati durante i concerti. Bob Fripp riporta tutti all’antico, quando la musica si ascoltava e basta.

 

Chi avesse voglia di farsi un selfie con il ruvido Robert Fripp, chitarrista e leader dei King Crimson, leggendaria band inglese (oggi a triplice batteria) in procinto di affrontare un tour italiano già sold out, sarà bene che provveda con largo anticipo o abbia buone entrature nel backstage. Chi invece vagheggiasse post in diretta su FB e filmati su youtube si predisponga altri gingilli.
Sì, perchè durante i concerti sarà proibita ogni registrazione, fotografia, filmato o uso di “apparecchiature elettroniche”. E i trasgressori saranno cortesemente accompagnati alla porta dalla sicurezza.
E’ un’esplicita volontà del gruppo (leggasi Fripp in persona) che gli organizzatori della tournée hanno diffuso oggi con un saggio comunicato preventivo: “Uno spettacolo da non perdere, per il quale è richiesta la massima collaborazione del pubblico, che è invitato a godere appieno dello show senza perdersi nell’utilizzo di apparecchiature elettroniche. Su richiesta della band sarà assolutamente vietata qualsiasi ripresa audio, video o foto, incluso l’utilizzo dei telefoni. Il personale di servizio accompagnerà fuori dalla sala coloro che non rispetteranno questa richiesta“.
Che Bob Fripp fosse poco conciliante con i pubblici distratti e con le registrazioni pirata non è una novità. Che il gruppo sia di quelli tosti, severi, molto concentrati sul suono e poco sulla scenografia, idem.
Ma francamente questa scelta così secca e rigida ha (piacevolmente) sorpreso un po’ anche noi, vecchie glorie di mille concerti.
Si tratta di un ritorno all’antico, a un’epoca in cui la macchina fotografica (mica la fotocamera, come dicono ora all‘ameregana) era costosa e ingombrante al pari delle pellicole, a un’epoca in cui la musica incisa si pagava profumatamente e imperversavano le incisioni illegali, i cosiddetti bootleg. Perchè per ascoltarla, la musica, c’erano solo due modi: o i dischi o i concerti. E se ai concerti registravi le canzoni, poi non compravi i dischi.
I registratori poi, quelli sì, se volevi una qualità del suono decente, che erano ingombranti, pesanti e costosi.
C’era gente che aveva creato un circuito di scambio su audiocassetta di concerti registrati illegalmente in tutto il mondo, era un mercato fiorente, ove potevi trovare la traccia di esibizioni leggendarie che mai avresti potuto procurarti su disco e a cui, ovviamente, mai avresti potuto assistere, nemmeno filmate.
Ecco, ora i sempre amatissimi Crimso (e che Crimso: Rober Fripp alla chitarra, il sassofonista Mel Collins, Tony Levin al basso, Jakko Jakszyk alla chitarra e i tre batteristi Gavin Harrison, Jeremy Stacey e Pat Mastelotto) ci riportano a quelle atmosfere.
E ai tempi degli ascolti in concentrazione, della musica complessa, di finezze e virtuosismi tecnici mai però fini a se stessi, della musica scritta e eseguita, di concerti che erano (e per fortuna sono) rock senza essere rock, ma lo echeggiano, lo possiedono dentro di sè, lo rappresentano, lo raccontano, lo includono.
Mercoledì a Firenze, dal mio palco a picco sulla scena (pessimo per vedere il gruppo, ma eccellente per guardare il pubblico), lancerò molti sguardi in platea per capire cosa farà la gente orfana dell’immancabile telefonino. E cercherò di intuire se sia davvero in grado di ascoltare la musica e basta.
Che poi, alla fine, è tutto quello che Robert Fripp le chiede.