Con “disseccante, espianto, incenerimento e monitoraggio triennale”, la diabolica macchina della carta sta distruggendo i campi trangenici sperimentali dell’Università della Tuscia, da 30 anni autorizzati e oggetto ricerca. Il motivo? Le inadempienze di Ministero e Regione Lazio. E lo zelo della fondazione di Mario Capanna.
Sono un fiero nemico degli organismi transgenici. E non sono affatto un aprioristico idolatra della ricerca scientifica in quanto, di per sè, fonte di verità e virtù. Aggiungiamo che non mi piacciono le multinazionali sementiere e, in genere, l’industria genetica.
Ma ci sono cose che mi fanno saltare la mosca al naso e alcune di queste sono gli sprechi ottusi, le caccie alle streghe, le microcefalie burocratiche e l’acritica applicazione delle norme.
Tutti elementi che si ritrovano appieno in una vicenda surreale di scena in questi giorni a Viterbo, dove con zelo tutto italiano e l’accondiscendenza a ideologie un po’ fanatiche le ruspe maramaldeggiano contro le piante di olivo, ciliegio e kiwi transegenici dei campi sperimentali creati trent’anni fa, con tutte le autorizzazioni del caso, dall’Università della Tuscia.
Motivo: l’autorizzazione, scaduta nel 2010, non è stata prorogata da parte del Ministero dell’Ambiente perchè, come racconta il responsabile dei campi, prof. Eddo Rugini, “…la Regione Lazio non aveva ancora individuato i siti idonei per la sperimentazione e il MiPAAF non aveva ancora approvato i protocolli di sperimentazione, insomma non è stata concessa per due inadempienze, una da parte da parte delle Regione e l’altra da parte del MiPAAF, infatti tali adempimenti dovevano essere espletati secondo le direttive della Cee già da diversi anni“.
Con tecniche da bonifica post contaminazione nucleare, in definitiva, dal 12 giugno si “terminano” delle colture che, senza alcuna prospettiva di proliferazione commerciale o di propagazione accidentale, costituivano semplicemente dei campi di ricerca e, quindi, delle fonti di conoscenza (e se vogliamo pure di monito) per tutta la comunità.
Pare che l’inesorabile macchina della burocrazia sia stata messa in moto da una denuncia presentata dalla Fondazione Diritti Genetici (qui) presieduta da Mario Capanna. Sulla bontà d’intenti della quale non solo non abbiamo motivo di dubitare, ma verso la quale tendenzialmente simpatizziamo, almeno finchè si dichiara veicolo di “intermediazione culturale in materia di innovazione biotecnologica” (salvo perdersi poi in una mission un po’ nebulosa, la cui enunciazione sembra a volte un estratto dal “Piccolo Sinistrese Illustrato” degli anni ’70).
Comunque stiano le cose, e sempre pronti in questa sede a dare voce a qualsiasi voce o precisazione, non resta che prendere atto di un atteggiamento da caccia alle streghe tanto pericoloso quanto ridicolo, nel paese che tollera l’intollerabile ma vessa l’inerme.
Chi volesse farsi un’idea più chiara della vicenda e delle opinioni che circolano in proposito può guardare qui.
Da parte mia, mi limito a riportare la riflessione del prof. Rugini: “Oggi, 14 giugno 2012, ricevo dalla Regione Lazio un fax nel quale si legge che ‘ferma restando la decisione di dismettere le sperimentazioni ancora presenti, è opportuno effettuare il monitoraggio dell’impianto sul suolo”, già effettuato su questo sito in passato, e che “per quanto riguarda la contaminazione genetica di varietà tradizionali di ciliegio e di olivo paventato dalla Fondazione dei diritti genetici, si fa presente che nè dalle numerose ispezioni effettuate dalla Regione sul sito sperimentale dell’Università della Tuscia, nè dal monitoraggio del CRA sono emersi elementi a sostegno di tale eventualità’. Domani si continua la uccisione di piante e la loro estirpazione, prendendo qualche dato sperimentale utile, non tanto dal punto di vista di un possibile impiego delle piante transgeniche in agricoltura (che ci potrebbe anche esserci), quanto dal punto di vista delle conoscenze di vario tipo (ma già questa è ricerca, non interessa a nessuno! Tanto il progresso lo faremo importando conoscenza dall’estero. Mentre io sono qui a scrivere, ciò che è importante è che la nazionale di calcio italiana vinca, così faremo una bella figura almeno in questo limpido ambiente “culturale”!) e potremo dire al direttore della stazione sperimentale inglese che ha osato scrivere a sostegno della nostra ricerca che sta andando in fumo: ‘…eppure gli italiani avrebbero dovuto imparare qualche cosa dalle esperienze passate”, citando Galileo. Egli infatti ha avuto il sostegno del suo Stato contro i verdi che volevano distruggere i campi sperimentali, mentre noi ci dobbiamo difendere sia dai cosiddetti verdi (come abbiamo dovuto fare senza successo alcuni anni fa, quando ci hanno distrutto la sperimentazione sulla fragola) sia dal nostro Stato“.