In una mostra bella e gratuita (info qui), aperta nella città toscana fino al 9 gennaio, l’affascinante viaggio attraverso le arti grazie alle quali prese forma lo spirito di quelli che una volta si chiamavano i “secoli bui” (e che bui non furono) dell’Occidente.
Mi dispiace occuparmene un po’ in ritardo rispetto a quando avrei voluto. Ma talvolta ci sono mostre che davvero danno molto più del già tanto che promettono. E perdersele è un peccato.
Mi riferisco a “Lucca e l’Europa – Un’idea di Medioevo”, che resterà aperta fino al 9 gennaio prossimo alla Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Raggianti, nel complesso monumentale di San Micheletto. A Lucca, ovviamente, dove in quest’anno ormai agli sgoccioli si è celebrato il centenario della nascita del famoso critico d’arte scomparso nel 1987.
Contesto monumentale a parte, che pure ha il suo peso, la mostra non è infatti solo un singolare, affascinante ma in fondo prevedibile viaggio attraverso oltre cento oggetti-simbolo di quelli che una volta si chiamavano i “secoli bui” del nostro continente. E’ invece un’esplorazione a più strati, e illustrata attraverso varie chiavi di lettura, dei flussi – culturali, artistici, religiosi, filosofici, politici – che si intrecciarono durante il fertile, ma confuso e indefinito periodo storico compreso tra l’eclissi di Roma e l’anno Mille. Flussi che trovarono il loro punto di incrocio fisicamente più durevole nell’architettura e nell’espressione artistica. E che i curatori hanno voluto indagare nel mutuo rapporto tra la produzione lucchese e quella Europea, a testimonianza da un lato del profondo inserimento della città nel rarefatto, ma tenace tessuto della temperie continentale di quel lungo arco temporale; e dall’altro, appunto, dell’esistenza stessa di questo tenace e proteiforme tessuto, il cui ordito è rintracciabile, anzi costituisce il fil rouge che lega tra loro le undici sezioni della mostra.
Mostra alla quale, va riconosciuto, dona anche un allestimento di pacata grandiosità, che permette – cosa piuttosto infrequente nelle esposizioni assai ricche di pezzi importanti, come questa – il godimento di ogni singolo oggetto, a prescindere dalla sua collocazione all’interno del percorso espositivo.
Questo parte non a caso da una ampia selezione (arricchita da un illuminante audiovisivo) della monetazione dell’età imperiale romana: nella convinzione, sostenuta con forza dallo stesso Raggianti, che il cosiddetto “paradigma monetale” costituisca davvero l’indice privilegiato, forse il più attendibile, delle tendenze di uno sviluppo artistico in corso. Il progressivo passaggio dalla naturalità delle effigi numismatiche romane all’astrazione di quelle medievali illustra così, in sintesi, tutto ciò che le altre dieci sezioni comprovano: il tramonto dell’estetica classica a favore di quella tardo antica dei preziosi dittici di avorio di Basilio e di Aerobindo (V secolo), l’affermarsi della decorazione astratta nell’oreficeria e negli ornamenti (come nell’elmo del re longobardo Agilulfo, VII secolo), il suo progressivo travasarsi negli elementi architettonici (la coeva lastra con croce di Aquileia), l’imporsi del culto delle reliquie e il fiorire dell’arte dei reliquiari, il parallelo sbocciare dell’arte libraria (vedi il celebre Manoscritto 490 della Biblioteca Capitolare di Lucca, datato 787), l’affiorare del bestiario come tema trasversale del racconto svolto attraverso il tessuto e la scultura, che trova il suo apice nell’elemento del capitello, le crescenti influenze e intersezioni con l’arte orientale, islamica e bizantina. Fino all’episodio finale della mostra, dedicato al passaggio tra il XI e il XII secolo, con lo spuntare della civiltà comunale e l’ideale chiusura della vicenda altomedievale.
Il tutto accompagnato da esplicazioni chiare e da copiosi richiami, che rendono possibile anche al profano di cogliere la correlazione tra gli oggetti, le epoche, gli stili, i luoghi e invogliano a proseguire la visita, a pochi metri, nell’appendice ideale della quattrocentesca Villa Guinigi, dove ha sede il Museo Nazionale con la sua ricchissima sezione medievale.
Raramente ci è capitato, in tanti anni di mostre ed eventi culturali, di uscire con un’idea chiara ed una nozione attendibile sull’argomento: l’esposizione lucchese è uno di questi casi. E la cosa è consolante.