In un godibile e arguto volumetto, una silloge delle espressioni dantesche che potevano, o potrebbero, o sarebbero poi suonate, nel senso o nell’oggetto, come parolacce, ma senza per forza esserlo davvero.

 

In molti lettori, il motto dantesco di Alta Fedeltà, “così nel mio parlar vogl’esser aspro“, suscita legittime curiosità.

Che io cerco di soddisfare spiegando come l’asprezza consista qui nel non aver peli sulla lingua, nel dire insomma sempre le cose come stanno, anzichè nascondersi dietro l’edulcorato (spesso se non peggio) paravento del web.

A soccorrermi, e in modo assai divertente, nel fornire spiegazioni viene ora anche un graditissimo libello donatomi dall’amico Foffo, che pubblicamente ringrazio e di cui sopra riporto il frontespizio: “Come insultava Dante: voci buffe, insolenti, innovative nella Divina Commedia”, a cura di Gianfranco Lotti (Il Melangolo Editore, 2021, 220 pagine, prezzo giustamente illeggibile trattandosi di regalo).

In realtà, più che un elenco di insulti, il volumetto è un interessante compendio di termini di significato o uso latamente dispregiativo, che trovano in Dante, o in suoi coevi, o predecessori, o successori, un uso piuttosto frequente.

La compulsazione offre spunti esilaranti e a volte sorprendenti.

Si scopre ad esempio che, nel ‘300 e più in generale nel Medioevo, la parola cambronniana per eccellenza non costituiva affatto un’interiezione popolare, ma era termine relativamente aulico, che denotava in chi lo usava la conoscenza delle origini latine dell’espressione, tanto da ricorrere perfino nel lessico di Iacopone da Todi, quello del “Crucifige!“. Il Sommo poeta vi ricorre, tra gli altri, parlando nell’Inferno dei seminatori di scandali: “’l tristo sacco (cioè lo stomaco, ndr) che merda fa di quel che si trangugia“.

Non voglio attenuare il divertimento elencando altri dei copiosi lemmi riportati nel libretto, tutti approfonditi con piglio filologico ma in modo assai comprensibile.

E se talvolta troverete su questo blog espressioni dantesche da significato oscuro, ora sapete dove andarle a cercare.