di ANDREA PETRINI
Villa Matilde Falerno del Massico DOC Rosso “Vigna Camarato” 2006: non è antico come il leggendario vino cantato da Plinio e Catullo, ma regge alla prova del tempo.

 

Al confine tra Campania e Lazio, nella zona compresa tra il monte Massico, il fiume Savone e le pendici del vulcano di Roccamonfina, c’è una fascia di terra conosciuta con il nome di Ager Falernus.

Questo territorio particolarmente fertile era già noto nell’antichità, principalmente per la produzione dell’omonimo vino, il Falerno, che può essere considerato come la prima vera DOC o il primo Grand Cru della storia. Infatti, già 2000 anni fa, esisteva una sorta di disciplinare di produzione che prevedeva: un rituale codificato dipigiatura al ritmo di musiche sacre, un’etichettatura, “pittacium”, che indicava luogo di origine e annata, un periodo di invecchiamento di numerosi anni. Poi il vino veniva bevuto con aggiunta di acqua di mare, spezie e miele.

Del pregiato e costoso Falerno si persero poi le tracce fino agli anni ’60 del secolo scorso, quando l’avvocato Francesco Paolo Avallone, appassionato cultore di vini antichi, incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio, decise si riportarlo in vita.

Il fondatore di Villa Matilde, coadiuvato da un gruppo di ricercatori universitari, riuscì ad individuare le varietà di uva con cui si produceva il mitico vino e a rintracciare pochi ceppi di quelle viti, dirette discendenti delle varietà coltivate nell’Ager Falernum.

I vitigni del Falerno, sopravvissuti miracolosamente anche alla devastazione della filossera di fine ottocento, vennero reimpiantati, con l’aiuto di pochi contadini locali, proprio nel territorio del Massico dove erano prosperati in antichità.I l percorso di recupero del severus, fortis, ardens continua oggi con Maria Ida e Salvatore Avallone che proseguono il sogno ed il progetto del affiancandogli, dal 2009, interventi di sostenibilità ambientale.

Di recente ho potuto degustare il Falerno del Massico DOC Rosso “Vigna Camarato” 2006 (80% Aglianico e 20% Piedirosso), prodotto solo nelle migliori annate con uve raccolte nell’omonimo vigneto, uno dei più vecchi e meglio esposti della tenuta collinare di San Castrese.
Il vino, dal colore appena leggermente granato, è ancora integro nei profumi, che richiamano un terroir in cui l’influenza del mare e del vulcano spento di Roccamonfina forniscono nuance aromatiche scure, richiami di  rabarbaro, china, mirto, ciliegia matura, ferro e iodio. L’assaggio non manca di personalità, è ancora perfettamente bilanciato, fresco, con tannini “dolci” e ben estratti. Lunghissimo il finale su toni di erbe mediterranee e salgemma.

 

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