di ROBERTO GIULIANI
Villa Cordevigo Rosso 2005 Vigneti Villabella: mai fidarsi della prima impressione. Sembrava morto e invece più lo buttavo giù e più mi tirava (e si tirava) su.

 

La storia di Vigneti Villabella affonda le sue radici nel 1971, quando Walter Delibori e Giorgio Cristoforetti fondarono l’azienda. Nel 2002 i due soci, già proprietari dei vigneti circostanti, acquisiscono Villa Cordevigo a Cavaion Veronese, che dopo nove anni diventa anche wine resort.

Questo Rosso Veronese IGT, classe 2005, proviene proprio da quei vigneti ed è composto da Corvina per il 60%, Cabernet sauvignon e Merlot per il 20% ciascuna, vendemmiate tardivamente e leggermente appassite; affina in botti di ciliegio da 7 ettolitri e tonneaux.

Quella in mio possesso è una magnum, la gradazione alcolica dichiarata è del 14,5%, è rimasta conservata dal 2008 a oggi nella confezione in legno, coricata, al buio, ma non in cantina, quindi ha subito per 15 anni un’escursione termica fra inverno ed estate di almeno 15 gradi.

La condizione del tappo era perfetta: l’ho estratto senza difficoltà, appena versato ho percepito dal vino subito note molto evolute, che facevano pendsare a qualcosa di stanco, in declino, tanto da aver pensato fosse meglio passare ad altro. Invece è bastato farlo respirare per una decina di minuti e la musica è cambiata radicalmente.

Lo descrivo “in diretta”, cosa che trovo decisamente più interessante, perché posso dirvi man mano come si “muove”.

Il colore è ancora bello compatto, certamente granato ma intenso e profondo, senza evidenti flessioni sul bordo. I quei sentori di stantio, di funghi cotti e di straccio bagnato sono spariti, lasciando spazio a un frutto maturo ma non marmellatoso: si coglie la prugna, la marasca, arrivano note speziate di cardamomo, cannella, tracce vegetali mature, cacao, sbuffi di tabacco e pelle conciata, richiami al sottobosco ma non in direzione dei funghi, piuttosto di piante umide. Interessante scoprire che di sono ancora tracce floreali, certamente di petali appassiti, e nel complesso non è affatto fiacco, si sveglia sempre di più, magari riuscissimo anche noi umani a ringiovanire solo ossigenandoci…

All’assaggio emerge chiaramente l’indirizzo espressivo indotto dall’appassimento, il frutto è in confettura e rilascia sensazioni dolci che lo fanno accostare a molti Amarone, senza però averne né gli eccessi alcolici né la muscolarità e mostrando viceversa un bell’equilibrio e una bevibilità più che apprezzabile. Tanto che ne prendo un altro sorso.

È la freschezza che mi lascia maggiormente stupito: c’è proprio una spinta acida che dà slancio al sorso, come a dire “sono ancora qui, non mollo”, e più passano i minuti più sembra ringiovanire! Sarebbe stato il vino ideale per Benjamin Button (ricordate “Il curioso caso di Benjamin Button”, alias Brad Pitt?).

 

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