di STEFANO TESI
Genesis 2014 Sauvignon Friuli Colli Orientali Doc Valentino Butussi: da una particella di mezz’ettaro a fondovalle, dove si incrociano le correnti della montagna, un cru caleidoscopico (e perdonate la citazione musicale del titolo, ma non ho saputo resistere).
Non ho mai fatto mistero del mio apprezzamento per i vini di Butussi, dei quali in generale gradisco non solo la precisione, la finezza e l’eleganza, ma anche la dimensione di compostezza all’interno della quale essi nascono. E che mi pare lo specchio perfetto della stessa filosofia familiare, ossia una giusta miscela di realismo, di coerenza alle proprie dimensioni e di una capacità di visione enoica attenta ma senza fronzoli, frutto di un coraggio e un pragmatismo molto friulani.
Ne è un lampante esempio l’abitudine di rimettere in commercio tutti i cru aziendali otto anni dopo la prima uscita, tanto per capire non solo l’evoluzione del prodotto in sè, ma anche il suo impatto sul consumatore e sui gusti del pubblico.
Già anni fa, con risultati lusinghieri, mi ero imbattuto nel loro Genesis, un Friuli Colli Orientali Doc, Sauvignon 100%, biologico dal 2013, proveniente dalla Madonna dell’Aiuto, una piccola vigna (mezzo ettaro e poco più) di fondovalle tra San Biagio e Rosazzo, piantata nel 1990, dove le correnti della montagna si incontrano e – spiega Filippo Butussi, che è anche l’enologo dell’azienda di famiglia – provocando forti escursioni termiche consentono all’uva di maturare molto più lentamente, anche dieci giorni dopo rispetto alle quote più alte, e di dare al vino una forte impronta territoriale.
Assaggiare il Genesis in verticale (2000-2007-2022-2014-2015-2019-2021) è stato però tutto un altro paio di maniche.
Tra le varie annate, sebbene con scarti in qualche caso davvero minimi, ci è piaciuta più di tutte la 2014, che abbiamo trovato di grande personalità e di un equilibrio quasi olimpico.
All’occhio in vino si presenta di un color oro carico e brillantissimo. Al naso l’impatto è gentile, con una varietalità che lascia subito il campo a un ventaglio di sentori cangianti e delicati, dei quali alla fine nessuno prevale: toffees, frutti tropicali, accenni agrumati, fiori appassiti si affacciano, scompaiono, poi tornano. Tutte sensazioni che riemergono con grande eleganza a livello retronasale e in bocca, dove spicca una netta nota citrica e l’acidità si fa ben sentire. Ne esce una bevuta gratificante, lunga, profonda, a tratti perfino provocante, che si pone esattamente a metà tra l’esplosività delle annate più recenti e l’affascinante maturità di quelle più vecchie.
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