Convocato un po’ a sorpresa, dal 28 al 30 giugno, un workshop dedicato al giornalismo freelance in Italia. Sembra il seguito naturale dell’assise fiorentina dell’ottobre scorso. A riprova che l’ambiente è in fermento. Tra speranza e baratro, però.

Nove mesi dopo – un segno? – la “Carta di Firenze”, quasi di punto in bianco vede la luce a Palermo quello che ha tutto il sentore di voler essere il seguito dell’assise che non solo dette vita alla “Carta” di solidarietà deontologica tra giornalisti, recepita dall’OdG nell’inverno scorso, ma soprattutto aprì la strada a una sorta di movimento spontaneo collettivo capace, per la prima volta nella storia, di conferire una pur labile parvenza di unità al variegato mondo del lavoro giornalistico autonomo.
Un’unità probabilmente raggiunta troppo tardi per evitare l’implosione della categoria, ormai inconsapevolmente già morta, ma che rende evidenti due cose. Primo: il bubbone è diventato troppo grosso per continuare ad essere ignorato da Ordine, sindacato ed editori. Secondo: la saldatura, per quanto strumentale, tra le tante anime del movimento ha creato un fronte imponente di protesta e di disagio. Tanto imponente da essere in grado di autorganizzarsi in iniziative a catena.
Al momento so ancora troppo poco dell’evento bandito a Palermo (il cui “manifesto” e qualche info si trovano qui), il programma è tuttora indefinito e io non so se riuscirò ad andarci, per poter giudicare se esso possa avere un seguito concreto o debba fungere da semplice appendice regionale di qualcosa di già esplorato.
Mi sembra però importante cogliere il messaggio: c’è un’evidente ipersensibilità, geograficamente e tipologicamente trasversale, tra i colleghi e le loro organizzazioni sul tema del cosiddetto precariato giornalistico, espressione fin troppo generica nella quale non mi rispecchio, ma di cui comprendo bene il significato “politico”.
Non mi rispecchio del resto neppure nella tarantolata resipiscenza di tanti sepolcri imbiancati rimasti dormienti troppo a lungo quando c’erano tutte le ragioni per destarsi e che ora, tardivamente (e non so quanto sinceramente), escono dal letargo.
Ma tant’è. Tanto vale stare a guardare e poi giudicare.
A risentirci per gli aggiornamenti, quindi.