Il caso che da giorni contrappone i consorzi del Chianti Classico e quello del Chianti fa il botto di click e di commenti superficiali. Ma potrebbe diventare presto una vera guerra mondiale. E legale.

 

Tra scoop discutibili e prudenza ho scelto sempre la seconda, convinto che dai giornalisti ci si aspettino notizie certe, ovvero verificate, e non pettegolezzi.

E quindi anche sul caso vinicolo del giorno, quello che più o meno tutti hanno ribattezzato “la guerra del Chianti” per via dello scontro deflagrato tra i due consorzi sulla tipologia “Gran Selezione” (varata dal Classico nel 2014 e a sorpresa, o forse no, “clonata” nei giorni scorsi dall’altro) ho preferito evitare interventi a caldo. Un po’ perchè volevo smarcarmi dalle banalità lette in giro tanto per acchiappare click, un po’ perchè volevo vederci chiaro, cioè approfondire.

Ho dunque cominciato a farmi qualche domanda e a cercare le risposte.

La prima, a cui era facile replicare ma che, stranamente, lì per lì in pochi si sono posti, è: il nome “Gran Selezione” – già scelto per indicare, attraverso una serie di norme restrittive, il top della gamma del Chianti Classico – era di proprietà esclusiva dei produttori del Gallo Nero?

Ovviamente no, anche perchè non credo che quelli dell'”altro” Chianti sarebbero stati così sprovveduti da adottare, annunciandola in pompa magna sui media, una menzione che era pertinenza altrui. Ne consegue l’evidenza (riconosciuta anche dai rivali) che, sul piano giuridico, l’adozione di quel nome da parte non solo del Chianti, ma da parte di qualunque altra denominazione italiana, era ed è formalmente legittima.

La seconda, sulla scorta della prima, era: possibile che il progetto, necessitante naturalmente di una lunga gestazione e pure di un’attenta strategia mediatica e commerciale preventiva, abbia potuto essere portato a termine con il dirompente effetto sorpresa arguibile dalle reazioni sollevate, senza che nulla, ma proprio nulla, fosse filtrato prima, anche in considerazione del fatto – determinante! – che molte aziende produttrici fanno parte di entrambe le realtà consortili e che i rappresentanti di alcune di loro siedono pure in ambedue i consigli di ammistrazione?

Qui la risposta è più complessa e affonda le radici in una vocazione al doppiogiochismo tipicamente toscana che, se non fosse per le conseguenze prodotte, alimenterebbe di parecchio le note di colore.

Sta di fatto che di una “Gran Selezione” per i vini di Rufina (una delle sottozone del Chianti) si parla da almeno due anni, nell’ambito di un’idea che, a singhiozzo, è parsa più volte sul punto di andare in porto nonostante il silenzio degli ultimi mesi. Di un disegno di “Gran selezione” per il Chianti tutto intero io non avevo invece mai sentito parlare, ma sono notoriamente allergico ai gossip e perciò non posso escludere che qualcuno ne fosse al corrente. Comunque sia, nessuno ne aveva scritto fino al dirompente comunicato stampa-annuncio diffuso lunedì scorso dal consorzio guidato da Giovanni Busi.

Le conclusioni sono che, per i tempi e i modi scelti, la questione è principalmente di natura politica, diplomatica e commerciale e che, in quanto tale, è difficile che non si traduca in una sorta di “guerra civile” tra produttori – spesso consoci, ogni tanto confinanti e a volte pure parenti tra loro, quando non col doppio ruolo, come detto, di soci di ambo i consorzi – e di rese dei conti non solo tra vignaioli, ma tra le loro categorie.

E’ infatti già chiaro (basta farsi un giro di telefonate) che anche tra le file del Chianti c’è una vasta schiera di viticoltori, diciamo quelli di medio-piccole dimensioni, che non vedono affatto di buon occhio la novità della Gran Selezione, ritenuta, dal loro punto di vista probabilmente a ragione, una manovra messa in atto a solo vantaggio di chi fa “grandi numeri“, ovvero industriali e imbottigliatori, per i mercati di massa.

La terza domanda, più maliziosa, è la seguente: possibile che davvero quelli del Gallo Nero, un’organizzazione di grande efficienza e grande potenza di fuoco economica e mediatica, non avessero mai pensato, data la liceità nell’uso della menzione Gran Selezione, che altri, e in primis i cugini chiantigiani, gliela potessero “copiare”?

La risposta è ovviamente un altro no, che però indice un quarto interrogativo: in previsione di questi eventuali “scherzetti”, di quali armi di difesa si è dotato il Chianti Classico per prevenirli o rintuzzarli?

Una traccia, vaga ma evidente, era già nel comunicato stampa diffuso subito dopo l’annuncio dei dirimpettai: “Faremo netta opposizione alla proposta di Chianti Gran Selezione in tutte le sedi istituzionali” affermava il presidente Giovanni Manetti. “Abbiamo subito un attacco frontale, che rischia di mettere a repentaglio il percorso di collaborazione da tempo avviato dal comparto viticolo toscano, fortemente sostenuto ed incentivato anche dalla Regione, che ci ha visti fino ad oggi protagonisti partecipi e attivi”.

Tradotto: incrinatura dei rapporti diplomatici non solo tra le due organizzazioni, ma anche nell’ambito del complesso sistema-vino toscano, con il fatale quanto scomodo coinvolgimento anche del sovrintendente politico e amministrativo, ovvero la Regione.

Ma non basta.

Si susseguono infatti le voci di probabili strascichi giudiziari.

Quali, visto che l’uso della menzione “Gran Selezione” da parte di altri consorzi vinicoli è senza dubbio lecita sul piano della normativa nazionale di settore?

Ed eccoci al punto in cui la guerra, da chiantigiana, potrebbe diventare mondiale: pare infatti che il Chianti Classico abbia da tempo provveduto a brevettare o registrare quel nome sulle principali piazze vinicole internazionali, in modo che qualunque vino a “Gran Selezione”, pur legittimamente chiamato così per le norme italiane, non possa essere commercializzato come tale su certi mercati esteri strategici, che sono poi quelli ai quali l’intera strategia promozionale e produttiva chiantigiana punta.

Il che spiegherebbe la minaccia di fare “netta opposizione in tutte le sedi istituzionali”.

In attesa di sviluppi dal Gallo Nero arriva la notizia che per i prossimi giorni il consorzio ha convocato un cda in occasione del quale “…si chiariranno molte cose…“.

Speriamo solo che non ne sortisca un’ennesima, inutile strage