Quest’estate doveva succedere di tutto e avremmo dovuto avere una professione nuova: riforma dell’ordine, legge sull’equo compenso, etc. Invece ogni cosa è rimasta uguale o quasi. Non è che a primavera era solo cominciata la campagna elettorale per il rinnovo delle cariche dell’Ordine (2013) e noi non ce n’eravamo accorti?

Lo ammetto, sono abituato a pensare male. Quindi sono un grande peccatore e un grande, ahimè, vaticinatore. Ovvero una vittima del senno di poi. Del resto anche questo fa parte del mestiere del giornalista, no? Un po’ di sana malizia, l’inclinazione a guardare oltre la siepe.
Accade così che, nell’ultimo scorcio d’estate, mentre il mondo del lavoro si risveglia dalle vacanze, vengano da fare alcune considerazioni.
Una è la seguente: sei mesi fa imperversava il dibattito sull’effetto del decreto salva-Italia. Pubblicisti aboliti se qualcosa non cambia entro il 12 agosto. Panico generale, interpretazioni, controintepretazioni, discussioni infuocate, fazioni divise, correnti agitate, veti incrociati. Bozze di riforma, accesso alla professione, tutto un altro mondo. E poi l’ipotesi di un’assicurazione obbligatoria, i distinguo ministeriali, l’acqua sul fuoco senza che la brace si spegnesse sotto la cenere (la questione è ancora lì che arde, ma ne parleremo presto). Si è proseguito con l’equo compenso, tra docce fredde e insani ottimismi, giochi di lobby, nascondini, veroniche dialettiche, verbali inconfessabili, indignazioni più o meno di facciata.
Bene, è passato il caldo, siamo sopravvissuti a Circe, Caronte, Lucifero e ai vari anticicloni e si scopre che, gattopardescamente, nella nostra disgraziata professione tutto è rimasto com’era o quasi: solito sindacato, soliti editori, soliti politici e anche, più o meno, solito Ordine.
Insomma, la professione è in stallo.
E, come ben sanno i piloti aeronautici, lo stallo è solo l’ultimo stadio prima della caduta a piombo: cessa la spinta, manca la portanza, il velivolo si ferma in aria e la forza di gravità fa la sua parte. Crash.
Ecco, la nostra professione è in questa condizione.
Rimane da chiedersi perchè.
Cioè chi abbia interesse a far sì che le cose siano rimaste in questo modo all’indomani di un semestre così agitato come non si vedeva da anni nelle limacciose acque del nostro giornalismo e dopo lo scossone dato all’ambiente dall’epifania degli invisibili a Firenze, undici mesi fa, con la Carta e le successive schermaglie.
Individualmente, forse, nessuno ha un vero e proprio interesse diretto.
Ma la mia non bella sensazione è che tutte le chiacchiere pregresse siano state solo l’antipasto, se non addirittura una pre-strategia, delle elezioni ordinistiche prossime venture, che cadono nel 2013. Campagna elettorale, in sostanza. La quale, guarda caso, adesso comincia a prendere forma anche con il (ri)sollevamento di alcune nuove, grandi querelle destinate e far discutere e a mettere a fuoco l’entità delle alleanze e delle forze in campo.
La recentissima disparità di opinioni, chiamiamola così, tra il presidente Iacopino e il segretario Ghirra (che a ben guardare appare come una vera e propria chiamata alle armi e a “chi sta con chi”, percorrendo trasversalmente la categoria) potrebbe essere letta come il primo episodio della guerra d’autunno e della probabile escalation d’inverno.
Insomma, i partiti dei giornalisti cominciano a tessere le loro tele, alimentando i temi sui quali, è probabile, si giungerà allo scontro finale di primavera.
La domanda fondamentale che mi pongo è se essi siano il fine, o solo i mezzi, della grande discussione che sta per cominciare.
il problema però è che noi intanto continuiamo a volare.
Vista l’altitudine e l’entità dello stallo, io prevedo il peggio e comincio a preparare il paracadute.
Sperando che basti.