Ha preso il via alla Leopolda la due giorni dedicata al connubio tra turismo e nuove tecnologie, tra apps, guru, reputation e TripAdvisor. Un sistema e un mercato che, sottotraccia, “macinano” oggi il 52% dell’intero e-commerce italiano. Una febbre, una sbornia o un fenomeno che bisogna conoscere e di cui è opportuno discutere? I numeri parlano chiaro: se perfino nel paese meno “on line” del mondo (o quasi), l’80% delle strutture ricettive è in rete, un motivo ci sarà…
Come chiamarlo? Turismo 2.0? Turismo del futuro? E ancora: ha un senso usare il termine turismo nell’era della mobilità continua, dei viaggi low e no cost, degli spostamenti di affari che intersecano il tempo libero e – soprattutto – di reale e virtuale che si intrecciano fino a diventare una cosa sola, di vero e di immaginario che sono sempre più vicini, di attese che si accorciano, di distanze che si abbreviano, di intervalli che diventano viaggio e viceversa? Viaggiare, oggi, è un genere letterario o uno stato permanente dell’esistenza?
Una cosa è certa: multimedialità e web hanno mutato irreversibilmente, agendo dal basso, l’uso del tempo e di conseguenza i modi stessi di fare turismo. Al punto che, paradossalmente, il nuovo turismo nato dalla rete rischia di cadere nella rete da esso stesso sottesa. Dal peer to peer al web to web (o meglio: al web to net).
In attesa di capirci qualcosa, giusto tre-dati-tre per sottolineare quanto sia ormai stretto il legame tra il turismo e internet:
1) nel 2010, il 60% delle prenotazioni leisure saranno effettuale on line.
2) il turismo rappresenta oggi il 52% dell’e-commerce italiano, con un fatturato di 3 mld di €.
3) l’85% delle nostre strutture alberghiere e il 75% di quelle extralberghiere è presente in rete.
Forse basta questo per spiegare l’idea-guida da cui nasce BTO-Buy Tourism Online, di scena oggi e domani alla Stazione Leopolda di Firenze: il web come medio proporzionale tra domanda e offerta, tra viaggiatore e destinazione. Più che uno strumento, una dimensione capace di invertire i ruoli. Come cercheranno di spiegare ai presenti i numerosi guru del settore invitati a tenere brevi seminari-evento (concentrati in un’ora, come si addice alla filosofia del tempo reale): da Monica Fabris, presidente dell’istituto di ricerca GPF, a prof. Dimitrios Buhalis dell’Università di Bournemouth, una delle gole profonde del turismo 2.0. Tra i problemi sul tappeto (il programma è qui), con una pericolosa e – ammettiamolo – fastidiosa tendenza agli anglicismi, il revenue management, il turismo al tempo delle apps, la reputation tra marketing, recensioni e TripAdvisor. Passando attraverso una metodologia dominante di marketing territoriale che, nata per essere “mirata”, risulta spesso tanto moscia e conformista da sembrare figlia di un “cecchino miope“.
Il connubio tra internet e turismo è insomma un viaggio “oltre Giove e verso l’infinito” oppure un progressivo avvitamento, esistenzialmente pernicioso, nell’autismo tecnologico spinto? C’è chi, in modo prosaico, dice che è solo un nuovo salto in avanti del business globale.
Chissà. Noi domani saremo lì a curiosare e un’opinione ce la faremo di sicuro. Pronti a riferirla.