L’evoluzione dei costumi ci ha insegnato almeno due cose: che il ciclismo e l’esibizionismo sono ormai sport unisex (un’ammucchiata, insomma) e che il secondo consiste non più solo nel mostrarsi, ma nel preannunciare con alti berci lo show. L’ebbrezza per l’imminenza dello spettacolo dev’essere poi tale da rendere i protagonisti pure ciechi (non oso pensare ad altre cause), altrimenti non si spiegano certi comportamenti. A meno che i medesimi non siano solo il frutto della smania di mostrarsi, ma vere e proprie patologie.
I fatti sono i seguenti, visti e fotografati dalla telecamera di sicurezza.
Si avvicina al mio cancello, sul quale campeggia una bella scritta “zona videocontrollata” con tanto di tecnologia in vista, un folto gruppo di ciclisti. Se anche l’aggeggio fosse stato spento, mi sarei accorto di loro dai becerrimi schiamazzi, udibili a distanza di 50 metri con le finestre in mezzo.
Primo step, pisciata collettiva coram populo e in totale promiscuità. Evviva. Dieci km di campi aperti prima e dopo si vede che erano meno stimolanti di una cancellata grigia e presidiata. Vabbè…
Secondo step: quattro garrule signore si avvicinano ulteriormente al serramento e, olè, parte lo strip tease: biancheria intima al vento, posture da burlesque, qualche tetta transiente e via andare.
Terzo step: corroboramento prima di ripartire con coreografico abbandono a ciglio strada di fazzolettini usati, bustine di integratori, qualche sacchetto.
Pornoeroic*, pornosudic* e eroici un tubo.