Soundtrack: http://www.youtube.com/watch?v=Ct9aBySJkRQ (“Personality crisis”, New York Dolls)
Prima il grande murale dedicato a Joe Strummer a Tompkins Square, nel cuore di Alphabet City, poi un tuffo nella cartapesta della R’n’R Hall of Fame Annex, nella modaiola Mercer Street, tra le boutique, i caffè e le gallerie di Soho. Bel salto. E un grande, a volte insopportabile contrasto tra l’odore di strada e di asfalto del rock newyorkese e quel tempio al music business che, per ammissione stessa dei fondatori (cioè l’industria discografica) è la Hall of Fame. Come dire l’istituzionalizzazione della trasformazione della musica in affari.
Niente moralismi, sia chiaro. Niente facili ideologismi. Niente prediche. Però fa un certo effetto vedere tra le sale del museo interi pezzi d’intonaco del CBGB, letteralmente strappati dalle pareti dopo la chiusura, strati e strati di vernice lurida, grasso, adesivi, nastro adesivo, polvere. Fa effetto vedere i paladini della protesta dei ’60 incorniciati da superstar accanto alle stelle del pop, Madonna accanto a Dylan, Michael Jackson accanto ai Grateful dead. Un effetto, almeno ai miei occhi, vagamente sacrilego.
E ciononostante è difficile non commuoversi un po’ di fronte alle lettere vergate con calligrafia adolescenziale dal quindicenne Art (Garfunkel) al coetaneo Paul (Simon) per raccontare qualche sogno di gloria e tanti aneddoti da bubblegum, o di fronte alla gigantografia di Gene Vincent, o ancora ai filmati in b/n di Buddy Holly.
E’ vero: plastica e lacrime che si mescolano, consumismo e sentimenti, industria e carne viva. It’s only rock’n’roll, no?
A non più di un km c’è la la “libreria non imperialistica” (sic) dove un sessantenne dalle lunghe e grigie chiome, che devono aver a lungo vissuto, dispensa libri a prezzo politico e massime contro il “sistema”, usando parole capaci di restare in perfetto equilibrio tra il tenero e il patetico. Davanti a lui, il proprietario della “House of oldies” si vanta di essere da quarant’anni nel mercato dei dischi e vende solo vinile. Non per vuota nostalgia, però, ma perchè ha capito che, contrariamente a tutto il resto, il mercato dei vecchi LP è l’unico che tira. Così lui accosta pezzi da collezione ad altri più abbordabili: minimo 10 $, roba da mandare fallite le sanguisughe dei mercatini nostrali. Nel bookshop della R’n’R Hall of fame, intanto, anche il collezionismo chiede la sua parte. Gli Lp firmati di pugno dagli autori costano tra i 150 e i 200 dollari. Un’opera grafica originale di Joni Mitchell dell’epoca di “Lady of the canyon” ne costa 4.000. Il poster pubblicitario di “Imagine” con l’autografo di Lennon, appena 12.500.
A proposito: la Hall of Fame ospita una bella mostra temporanea sugli anni newyorkesi dell’ex beatle. Film, foto, canzoni, bed-in, war is over (if you want), decreti di espulsione e memorabilia vari. Compreso il sacco di carta riciclata con cui, un giorno di marzo del 1981, gli abiti indossati da Lennon il giorno in cui fu assassinato furono restituiti dall’ospedale alla vedova. Yoko Ono scrive: “John era il re del mondo. Poteva aveva tutto quello che un uomo poteva desiderare. E io ho avuto indietro ciò che resta di lui in un anonimo sacco di carta marrone”.
It’s only, ed always, r’n’r.
Buonanotte NYC.