A 91 anni è mancato il cavalier Ezio Rivella, nel bene e a volte nel male protagonista di quel quarto di secolo – 1980-2005 – che ha rivoluzionato il mondo del vino italiano.
Se si fosse chiamato Rivello avrebbe fatto rima perfetta con Brunello, ossia una delle sue più celebri creature, almeno dal punto di vista del successo commerciale e dello sviluppo “moderno”. Si chiamava invece Rivella cav. Ezio, ma la storia del vino italiano (e non solo quello di Montalcino) l’ha fatta comunque.
Un ruolo che gli va riconosciuto, soprattutto oggi che, all’età di 91 anni, ci ha lasciato.
Lo conobbi a metà degli anni ’80 e in seguito l’ho incontrato e intervistato decine di volte, nelle sue varie vesti di amministratore delegato di Banfi, di presidente del Consorzio, di Assenologi, dell’Union International des Oenologues, del Comitato Nazionale della Denominazione di origine dei vini, dell’Unione Italiana Vini e di delegato ufficiale italiano all’OIV, così, tanto per riicordare il suo palmares e il suo cursus honorum nel mondo del vino. Un professionista a 360°, come è stato definito.
Non sempre ho concordato con la sua visione, ma non si può negare che lui l’abbia sempre difesa con coerenza, astuzia e dialettica. Memorabili ad esempio alcuni suoi polemici, ma mai litigiosi, faccia a faccia: quello del 2008 all’Università di Siena (erano i giorni di Brunellopoli), con l’allora attivissimo Franco Ziliani e un altro, più recente, ovviamente non meno pepato e sempre a proposito di punti di vista sul Brunello, con un’altra protagonista di quell’avventura, la compianta Francesca Colombini Cinelli.
Il garbo e il sorriso, oltre a una volontà di ferro e alla determinazione, certamente non gli mancavano. Anche a perseguire strade rivelatesi poi sbagliate, come a volte è successo.
Nel momento dell’addio, tra successi e fallimenti, viene però alla memoria, soprattutto, la sua centralità nell’ultimo quarto enoicamente turbolento del secolo scorso, che Rivella ha cavalcato, gestito, orientato da par suo. In una prospettiva che, vista con gli occhi di oggi, ha luci e ombre, ma resta di un’epopea.
Lo ricordiamo con il rispetto, la stima e la simpatia che sono dovuti a un fiero interlocutore professionale.