Al congresso nazionale dei cuochi in corso a Firenze seconda (involontaria) manche del dibattito nato a ottobre al TTG di Rimini: ma i blogger che mestiere fanno? Dopo quelli dediti al turismo è toccato a quelli che si occupano di cibo.

Quando la Federazione Italiana Cuochi mi ha chiesto settimane fa, come presidente dell’Aset (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana), di organizzare un talk show su chef, informazione e comunicazione per “Food & Wine in Progress”, il loro 28° congresso nazionale attualmente in corso alla Leopolda di Firenze, non pensavo – ma speravo – che il discorso sarebbe ripreso esattamente dove, a metà ottobre, si era interrotto.
Ovvero alla domanda, rimasta senza risposta e rivolta (vedi qui) ad alcuni travel blogger riuniti al TTG di Rimini: ma il blogger che lavoro fa?
E tutto ha condotto, con mia soddisfazione e credo anche una certa presa di coscienza da parte del pubblico, proprio lì.
A parlarne, sotto il titolo “L’informazione è un ingrediente da ‘maneggiare’ con attenzione“, oltre al sottoscritto, lo chef Paolo Teverini dell’omonimo ristorante di Bagno di Romagna, la giornalista Marzia Morganti Tempestini e Nicoletta Polliotto, titolare di Muse Comunicazione, agenzia di comunicazione online per hotel e ristoranti e di CnR, primo blog in Italia a occuparsi di comunicazione digitale per i ristoranti, nonchè coautrice del volume “Ingredienti di Digital Marketing per la ristorazione” con Luca Bove.
Ne è uscito un dibattito che ha preso tutt’altre sembianze del temuto dialogo tra sordi ed è subito andato al sodo.
Con il ristoratore intento a spiegare che, sì, la comunicazione è importante ma che il suo mestiere è cucinare e non dedicarsi al web, alla stampa e alle pubbliche relazioni, divenute nel frattempo un’attività impegnativa e bisognosa di una professionalità dedicata.
Da parte sua Marzia Morganti Tempestini ha sottolineato da un lato l’effettiva debolezza del mondo degli chef nel campo della comunicazione anche più banale, a cominciare da siti non aggiornati da anni, con menu obsoleti e perfino informazioni pratiche sbagliate, mentre dall’altro ha rimarcato che, dal suo punto di vista di giornalista e di titolare di uffici stampa nel settore food, esiste un’area grigia, quella del blogging, in cui si nasconde di tutto ma principalmente attività di natura pubblicitario/commerciale, che è vista dalle aziende con sempre maggiore insofferenza e che finisce per dequalificare anche la parte “seria” del movimento.
Molto interessanti e argomentati gli interventi di Nicoletta Polliotto, impegnata nel difficile compito di “difendere” la rete e di convincere gli altri relatori dell’esistenza, sempre in rete, di regole a garanzia di serietà, trasparenza e professionalità di chi vi opera. Polliotto ha richiamato sia le norme etiche, sia quelle legali che l’ordinamento prevede a tutela dell’utente, del copyright su testi e immagini, e così via.
Tanto Polliotto quanto Tempestini si sono poi dette convinte che per un verso il sistema sarà prima o poi in grado di superare il dualismo carta-digitale, per un altro che una più definita regolamentazione, capace di mettere paletti chiari sulla professionalità dei soggetti in attività, sia non solo inevitabile, ma necessaria. “Quello della chiarezza dei ruoli – ha insistito la project manager torinese – è anche per noi consulenti un punto nodale, senza la soluzione del quale ci troviamo esposti a una giungla che certamente non giova al nostro lavoro“.
E così, ancora una volta, il mondo non si è diviso tra blogger e giornalisti, come a molti fa comodo fomentare, ma tra i professionisti – che anche in virtù del loro inquadramento (la partita e il relativo codice iva, ad esempio) operano in un contesto ben definito di diritti, doveri e responsabilità – e gli esponenti di un sottobosco in cui buona fede e furbizia, passione e commercio proliferano, con vantaggio di nessuno e danni per parecchi. “Vorrei ricordare a certi blogger che girano con tariffario sotto il braccio“, ha chiosato in chiusura Marzia Tempestini, “che per le reclame esiste già la pubblicità tabellare, a cui le aziende si possono rivolgere“.
L’esigenza di distinguere bene ruoli e funzioni, ha aggiunto Nicoletta Polliotto, è oggi molto sentita dagli stessi blogger, che non a caso cominciano a organizzarsi in associazioni, come l’Associazione Italiana Food Blogger, con lo scopo di dare dignità, regole e trasparenza alla loro figura.
Era lo stesso intento emerso, mutatis mutandis, al TTG di Rimini. E questa è una cosa certamente positiva.
Ma la domanda è rimasta sospesa: anche una volta “istituzionalizzato” come categoria professionale e dotatosi di regole, quello del “blogger” che mestiere è? Il food blogger fa informazione, comunicazione o pubblicità? E se invece quello del food blogger non è un mestiere ma un hobby, o una passione, è ammissibile che costituisca (e a che titolo?) una fonte di reddito?
In attesa di risposte e magari della terza manche (wine blogger?), ci abbiamo pranzato sopra.
Perchè forse è vera la freddura servita da Paolo Teverini: l’informazione è un ingrediente da mangiare con attenzione.