Al’ora del thè di un freddo e pigro sabato d’inverno, profondamente e quindi solitariamente rurale, mentre il sole ormai volge all’occaso suonano al campanello.

Attimo di smarrimento: chi mai potrà essere?

Visto l’orario e il giorno, non è di sicuro il corriere, penso tra me e me. Quindi?

Rispondo al citofono: “Chi è?”.

Di là odo una voce gentile che, testuale, dice: “Siamo due giovani che stanno facendo un giro della zona, volevamo sapere se era preoccupato per il futuro del mondo”.

Secondo attimo di smarrimento e di pensieri fulminei: è uno scherzo? È già carnevale? Sono i ladri? Un pazzo scappato dal manicomio? Fantomas?

Nel dubbio do un’occhiata all’inesorabile telecamera. E – sorpresa – vedo che sono davvero due giovani ben vestiti, scesi da una station wagon scura di un certo pregio.

Prendo fiato e ragiono: parliamo di futuro del mondo o della guerra locale che sto per scatenare contro importuni che scampanellano una sera di gennaio di un giorno festivo?

Realizzo però che in fondo sono cortesi, si sono sciroppati chilometri di sterrato in mezzo al nulla e chissà quali e quanti reindirizzamenti a quel paese si sono già presi nel corso dell’insolita escursione.

Così, stentando a riconoscermi, lo ammetto, rispondo con altrettanta cortesia che sono questioni troppo importanti per parlarne al citofono e, educatamente, li congedo.

Sto invecchiando.

Oppure ho sognato, ma non credo.