Si è conclusa a Firenze la prima giornata di “Giornalismo e giornalismi”, la kermesse dedicata agli “altri” giornalisti, quelli non contrattualizzati. Senza assemblearismi, senza troppi piagnistei, con un confronto che non può che giovare anche a prescindere dalle diverse opinioni. E, sullo sfondo, il simulacro di una professione che fu.

Si era cominciato con l’evocazione di una fantasiosa “precariopoli” e una lacrimosa sfilza di geremiadi. E la cosa non ha giovato al mio umore. Poi, per fortuna, il timone della giornata ha virato verso la sostanza e, alla fine della prima manche della convention fiorentina sul giornalismo e i giornalismi, si può tirare un respiro di sollievo. Bene il clima, bene la location, bene lo spirito, la gente, bene tutto direi. Compresi gli scazzi, gli equivoci e le incomprensioni. Perché, come ha ben spiegato Maurizio Bekar, uno del gruppo di lavoro, abbiamo litigato sui termini, ma non sui contenuti.
Certo, lo sguardo perduto nel vuoto di certi papaveri, incapaci di comprendere che le accuse provenienti dal palco erano rivolte a loro, poteva non suonare rassicurante. Né ha contribuito a consolarmi il diffuso senso, misto di disillusione, di grave saggezza e di tempo inutilmente trascorso che ho letto negli occhi di tanti colleghi d’antico pelo impegnati nel confronto con giovani di brillanti, vibranti, utopiche, a volte ingenue pretese.
A volte mi sono sentito come un faro bretone aggrappato al suo scoglio, nell’inutile missione di stornare naviganti votati al naufragio. Ho sorriso delle idee ambiziose e confuse, ho inveito contro chi ha cercato di trasformare l’assise in un inutile comizio, ho ringraziato quelli che, con inusuale determinazione, hanno lavorato parecchio affinchè l’operazione andasse in porto.
Insomma è positivo, nonostante tutto, il bilancio di questa prima giornata. Se non altro perché ha dato seguito alle conoscenze, ha fatto incontrare le persone, ha rotto quel diaframma telematico che oggi funge da ponte solo parziale tra le genti. E poi perché ha messo in contatto mondi diversi, costringendoli a evadere dalle gabbie del loro apriorismo.
Domani saranno annunciati i risultati del lavoro svolto e la “Carta” sarà sottoposta all’assemblea. Prevedo strepiti, critiche, truppe cammellate all’opera, malcontenti e qualche fischio. Ma alla fine qualcosa ne uscirà. Ci sarà il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, che scende nella fossa dei leoni (e ci vuole coraggio, diamogliene atto). Ci saranno i vecchi legionari della penna, come me, pronti a brontolare, e qualche giovane di belle speranze pronto a cullare nuove illusioni.
E comunque c’erano 300 persone che si parlavano. E non è poco.