di CARLO MACCHI
Di solito delle manifestazioni si parla prima, ma della terza edizione del Greek Wine Day che si è svolta all’Hotel Albani di Firenze è meglio parlare dopo, per un’ampia serie di motivi. Eccoli.
Fegato: chi organizza manifestazioni sul vino lo sa quanto sia difficile coinvolgere produttori, ancor di più se questi devono arrivare dall’estero. Se poi la nazione dove si svolge la manifestazione non è storicamente una importatrice dei vini di quei produttori gli organizzatori si trovano davanti, visto che si parla di Grecia, ad una mitologica serie di fatiche di Ercole. Ho detto organizzatori? Mi sono sbagliato, volevo dire organizzatore, cioè il nostro Haris Papandreou che di mestiere fa tutt’altro ma è un grande appassionato di vino e soprattutto grande sostenitore dei vini della sua terra. Per questo, per riuscire a portare in Italia 20 produttori greci credo gli siano serviti almeno altrettanti fegati. Lo posso testimoniare dopo ripetute telefonate in cui Haris si sfogava con me per una infinita serie di problemi, tutti poi brillantemente risolti.
Produttori: Fegati a parte il lavoro è stato veramente notevole, perché ne ha portati da ogni parte della Grecia, dalla Tracia a nord e, passando per Santorini, fino a Creta. Attenzione, a parte il caso di un produttore che si è dovuto operare di urgenza. tutti gli altri erano presenti a Firenze, anche se molti non avevano importatori italiani. Abbiamo quindi potuto assaggiare vini mai visti e conosciuti.
Location: quella dove si è tenuto il Greek Wine Day era veramente adatta. Sala molto grande e ben illuminata a 100 metri dalla stazione centrale di Firenze. Un luogo perfetto per la degustazione, anche con spazi dove potersi rilassare e sedere.
Vini: oltre 120 etichette in degustazione sono un numero troppo grande per poterle degustare tutte e quindi ognuno ha fatto le sue scelte. Personalmente mi sono concentrato sui bianchi con alcune digressioni finali sui rossi.
In generale, i bianchi greci non hanno niente da invidiare a quelli italiani, specie per quanto riguarda ciò che adesso va più di moda, cioè freschezza, sapidità, aromaticità netta ma non eccessiva. Il primo vino/vitigno che viene in mente è l’Assyrtiko che fa rima con Santorini, ma durante la degustazione ho assaggiato degli ottimi bianchi a base di Vidianò e Malagousia. La media, specie per gli Assyrtiko è indubbiamente alta, come purtroppo è alta l’incidenza della “voglia di strafare per mettersi in evidenza”, cosa che accade pure in italia. Quindi bianchi ovattati da dosi inutili di legno, anfore utilizzate solo per poterlo dire, fermentazioni troppo spinte con risultati risibili, facevano da contorno a tanti ottimi bianchi, fatti con grazia e semplicità. Ma le eccezioni alla voglia di strafare c’erano e proprio di una queste è giusto parlare, il Blanc des Coteaux 2022 di Thymiopoulos, un uvaggio tra Assyrtiko, Malagousia, Vidianò e Aidani maturato in anfora. Un vino finissimo e complesso, di rara pienezza e austerità, che mi ha lasciato veramente a bocca aperta. Sul fronte dei rossi, fermo restando l’importanza dello Xinomavro che però trovo quasi sempre con tannini un po’ troppo rustici, voglio parlarvi di quello che potrei definire il Pinot nero della Grecia, il Limnio, in particolare nella versione 2019 della cantina Anatolikos. Naso con bel frutto ma soprattutto corpo setoso, equilibrato, rotondo ma con giusta freschezza. I tannini ci sono ma non si sentono e l’insieme sprizza eleganza da tutti i pori. Un rosso moderno e godibilissimo.
Ressa: uno dei pregi della manifestazione, che ha avuto come importante partner FISAR, è stata la creazione del numero chiuso per i biglietti, quindi in sala c’era gente ma la ressa di manifestazioni come Merano è stata evitata fin dall’inizio. Quindi tanti buoni motivi a posteriori anche per sperare in una quarta edizione.
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