Pubblico scontro tra il presidente dell’Ordine e il premier, per il quale “l’OdG potrebbe essere abolito anche domani”. Solo un attimo d’ira spacciato per sincerità o un preciso messaggio politico alla categoria e alla sua proteiforme controparte?

Ieri il presidente del Consiglio ha affermato pubblicamente che, se fosse per lui, l’Ordine dei Giornalisti potrebbe essere abolito anche domani.
C’è chi sostiene che sia l’unica cosa vera detta durante la sua conferenza stampa di fine anno.
Che il premier non amasse la categoria era del resto noto: da sindaco di Firenze demansionò di fatto il proprio ufficio stampa, ovviamente formato da fior di professionisti, trasformandosi in portavoce di se stesso e comunicando con l’opinione pubblica direttamente via Facebook. Chi volesse approfondire la vicenda, legga qui. La cosa piacque assai al popolino, e probabilmente era una mossa studiata per compiacerlo, ma i colleghi non la presero bene.
Oggi lo spunto per un attacco a testa bassa agli operatori dell’informazione lo ha dato a Renzi lo stesso presidente dell’OdG quando – ancora non ho capito se con calcolata malizia o per ingenuità – si è permesso di paragonare agli schiavi i giornalisti che, per effetto di certi pseudocontratti sottoscritti tra editori e pseudosindacato, si trovano a poter essere pagati 4.950 euro lordi l’anno (cioè spese, oneri, tasse, previdenza compresi) e si è lamentato che questo tipo di “schiavitù” fosse ritenuta lecita dal Governo.
Contestazione a cui il capo del medesimo ha replicato in modo sprezzante e sbrigativo: “Se fosse per me, l’Ordine dei Giornalisti potrebbe essere abolito domani” (il piacevole scambio di opinioni è gustabile qui).
A me tutto questo pare molto triste e pericoloso.
Pericoloso perchè, sebbene certamente le intenzioni del premier non fossero quelle di mettere in dubbio il ruolo dell’informazione in sè, fare un’affermazione così lapidaria e con un tono di quella sufficienza contro qualcosa e qualcuno che, comunque, rappresentano un’istituzione, equivale a metterli sotto una cattiva luce, per non dire sotto una velata minaccia.
Triste perchè, allo scopo di tenere alta la tensione dello show politico, far passare, con gli stessi metodi, una categoria in grandissima sofferenza professionale come la nostra per una manica di lagnoni dediti all’ingiustificato piagnisteo è offensivo ed ingiusto.
Sia chiaro: come la pensi sulla questione dell’equo compenso e degli articoli pagati un euro è arcinoto e sul punto non sono affatto in linea col presidente Iacopino. Ritengo infatti che a compensi-non-compensi si possa e, nel proprio interesse, si debba semplicemente dire di no, tanto poi se il reddito è finto quello vero bisogna guadagnarselo facendo comunque un altro lavoro. E ritengo anche che l’OdG sia indirettamente responsabile della deriva ribassista che ci ha ormai travolto, visto che da un lato contesta tariffe che però dall’altro da tempo avalla, accettandole come congrue in sede di istruttoria per l’iscrizione all’albo dei nuovi pubblicisti.
Ma siccome non è credibile che all’orecchio di Renzi non sia mai giunta l’annosa questione, gestita peraltro negli ultimi dieci mesi dal suo diletto sottosegretario e amico personale Luca Lotti, viene il sospetto che la replica stizzita del premier non sia il frutto di un attimo di irritazione, ma della volontà di lanciare un preciso messaggio politico ai giornalisti. Oppure, ma in questo caso il messaggio sarebbe di segno opposto, alla loro controparte: cioè al “groviglio armonioso” (per dirla alla senese) costituito da Fieg, alias gli editori, e Fnsi, alias il sedicente sindacato unitario della categoria. Meglio noti agli amici, quando spesso vanno a braccetto, come Fnsieg.