di FEDERICO FORMIGNANI
Torniamo sui passi dell’Anonimo milanese che nel ‘500 gira l’Europa lasciandoci minuziosa traccia scritta di impressioni, usanze, scenari, industrie, “piaceri” dei luoghi visitati. E stramaledice Albione.

 

Abbiamo saputo, la scorsa settimana, della “riabilitazione” morale di mestieri un tempo infamanti, compreso quello di mercante.

Torniamo quindi nel Cinquecento con l’Anonimo milanese per scoprire quale sia stato il suo viaggio europeo. Eccolo, in sintesi: parte da Milano, attraversa il Moncenisio e la Savoia; tocca i centri di Grenoble, Valence, Saint-Antoine de Vienne – località medievale di devozione – quindi Lione, la Borgogna, per giungere a Parigi, città nella quale si ferma per un periodo di tempo prolungato. Da Parigi, punta verso il nord, passando per Rouen, Amiens, Arras; raggiunge Bruges, località ben nota e frequentata dai commercianti italiani e da qui si sposta in Olanda. Torna poi nel Brabante, nelle Fiandre e punta verso Calais dove salpa per l’Inghilterra. Una volta nell’isola visita Canterbury, Londra, Southampton. Nel castello di Greenwich vede Enrico VIII e ad Hampton Court parla del lusso di cui amava circondarsi il Cardinal Wolsey. La fretta non è certamente compagna di viaggio del nostro mercante, tant’è vero che, riattraversata la Manica, ritorna a Bruges e si trattiene a Bruxelles per lungo tempo. I mezzi di locomozione impiegati sono quello che sono, così come le strade percorse; ecco allora il cavallo, la carretta trainata da animali, le barche, le navi, le chiatte nei fiumi. Malgrado ciò il nostro uomo non si perde d’animo. Percorre rapidamente la Francia e, attraverso il passo di Roncisvalle, entra in Spagna. Come primo luogo visita Santiago di Compostela – meta obbligata per ogni buon cristiano – poi scende a Medina del Campo, Toledo e nell’Andalusia (Cordoba, Granada, Malaga, Siviglia, Cadice). Quindi risale verso Valencia, Tortosa e Barcellona. Attraverso il passo del Perthus rientra in Linguadoca; visita Tolosa, Carcassonne, Narbona, Perpignan e termina il tragitto francese con la città di Avignone. Infine raggiunge Milano passando per il Monginevro.

Spostandosi in Europa, scopre e descrive la fabbricazione della birra e del sidro in Normandia, l’utilizzo della torba (carbone facto de terra) in Olanda e nelle Fiandre. A Marsiglia vede el ponton che draga in continuazione i bassi fondali del porto; ad Anversa assiste alla pesca sul ghiaccio e a Cadice a quella del tonno. Si accorge che a Londra l’insalata è coltivata su larga scala e ciò è dovuto a mercatanti fiorentini quali hanno facto venir di soy hortolani da Firenza. Si interessa inoltre di alcuni particolari giuridici che reputa possano risultare utili per altri viaggiatori. A Macon, in Francia, cita la franca ruga (rue franche) così chiamata perchè ciaschuno che amazassi uno altro, rifugiandovisi, non potrebbe venire perseguito per il suo delitto. Ricorda anche la franchisia di Santo Martino a Londra, luogo santo nel quale vengono protetti i rei di qualunque delitto – a meno che non sia delitto di lesa maestà – per ben quaranta giorni; i colpevoli possono chiedere, in alternativa, di abbandonare l’Inghilterra, ma la tradizione popolare precisa che molti condannati, pur di non lasciare l’isola, preferiscono affrontare il rischio di venire catturati di nuovo e per conseguenza impiccati. Il mercante milanese non apprezza – e non fa nulla per nasconderlo – questa “forte superbia” di sentirsi inglesi sino alle estreme conseguenze e precisa che i figli di Albione sono inimicissimi di tutte le natione et dichono male de tutti.

I viaggiatori del tempo, è risaputo, si interessavano di affari, di religione, di politica, ma non rimanevano insensibili al fascino femminile; anzi. L’anonimo milanese non fa eccezione e le sue impressioni sulle donne dei vari paesi visitati sono senza alcun dubbio succose! A Parigi trova le donne non molto belle et sporche; giudica Rouen una città di grandissimi piaceri. Nelle Fiandre, a Bruges, scopre, sorpreso, che le chiambrere sono a buon mercatto ma è in Olanda che la descrizione diviene quasi lirica: le femine sono ultra modum belle, ma in La Haya et Leya et Arlam (L’Aja, Leida, Haarlem) sono troppo belle, parano dee. In Spagna, a Valencia, registra con piacere che le donne sono non solo belle, ma anche di buone maniere; tuttavia la cosa che lo colpisce maggiormente è il bordello bellissimo; il più bello he ad vederlo la nocte, perchè non c’è femina alcuna che a l’uscio di casa non tenghi 3 o 4 candelle attachatte al muro, et altre tantte in casa e aggiunge, con pignoleria tutta meneghina: et li lecti de le puttane sono tutti benissimo in ordine, con 3 o 4 mattarazzi per lecto. Per inciso, nella sua cronaca (malgrado la comodità dei materassi) descrive un’avventura di piacere avuta sulla spiaggia del Grao de Valencia, l’antico porto della città.