Il rompicoglioni telefonico si manifesta alle 10.55.
Attingendo a palle di vetro digitali oppure a elenchi che, anzichè ridicola, rendono irritante la liturgia della privacy a cui siamo costretti ogni tre per due, il call center di un anonimo operatore concorrente del mio mi chiama e, tramite la solita voce-golem preregistrata, mi comunica che “la tua tariffa è aumentata” (ma tu che c…o ne sai?, penso) e che “se ti interessa risparmiare, premi 1”.
Mal gliene incolse.
Infatti premo 1 e subito mi risponde la garrula Barbara la quale, prima ancora che l’interlocutore, cioè io, profferisca verbo, lo alluviona di insopportabili chiacchiere preliminari.
Il vostro perfido cronista però, naturalmente, non solo tace, ma ha messo l’apparecchio in viva voce e, mentre quella straparla, ascolta il cicaleccio di sottofondo e si occupa d’altro.
Terminata la prolusione, la sventurata si accorge del mio mutismo e comincia a preoccuparsi.
“Pronto…pronto?” cinguetta.
Io, muto.
Lei resta un attimo perplessa, trattiene il fiato, origlia per un po’ e poi ripete: “Pronto…pronto…mi sente, sono Barbata, mi sente?”.
Io, muto.
In compenso, visto che la ragazza e il suo datore di lavoro sono ben informati sulle mie utenze, li ricambio educendoli sui rumori di fondo del mio ufficio: tastiera che digita, cani che abbaiano, elettrodomestici lontani. Per buona creanza ometto suoni corporali.
Lei però non molla. E insiste: “Pronto, come posso esserle utile?”.
E io sempre nisba.
Bene, a occhio e croce ho cominciato a scrivere questo post circa otto minuti fa e Barbara è sempre in linea, vediamo fino a quando resiste.
Nel frattempo vado a prendermi un caffè.
(To be continued).