Potrei sciorinarvi con una lunga articolessa un sommario resoconto (impossibile infatti riportare tutto integralmente) di un’ora di telefonia passiva – nel senso che tu ascolti soltanto, imprecazioni a parte – trascorsa con l’assistenza, assistenza di fa per dire, delle Poste, dipartimento Bancoposta.

Ma non lo farò.

Anche perchè non si può rendere a parole l’idea del girone dantesco nel quale ci si va a cacciare, con travasi di bile da chiamata al 118.

Vi suggerisco semplicemente, invece, anche per puro divertimento, di digitare il numero 800 00 33 22 e di abbandonarvi alle languide cure del loro “assistente digitale”, un ebete peggiore del quale è solo chi lo ha inventato e chi lo ha adottato.

Si tratta di un’esperienza che vale la pena di fare.

Accertato che il detto assistente non comprende la parola “vaffanculo”, da me inutilmente ripetuta n° 86 di volte senza che egli battesse ciglio, suggerisco di rispondere “si” alla domanda (che scocca in media dopo il quarantesimo minuto di connessione) “vuoi parlare con un mio collega umano?”.

No, mica perchè poi ti passino davvero un interlocutore in carne ed ossa, mettendoti finalmente in condizione di risolvere forse, anzi molto forse, il tuo problema.

Macchè!

Rispondere “sì” consente semplicemente di scatenare le lacrimose geremiadi preregistrate del clone digitale, che frigna sulla mancanza di “fiducia in lui” e si prende, senza il tuo consenso si capisce, il diritto di avere una seconda chance, “rimettendosi alla prova” e quindi ricominciando da capo la farsa.

Non ci credete?

E’ il gioco dell’oca postale, dove non si capisce se l’oca sei tu, l’assistente digitale o chi dirige tutto quel baraccone.

Chiamate con fiducia l’800 00 33 22.

Mi darete ragione.