Per ragioni (a me) incomprensibili, nessuno trova da eccepire che al sindacato che rappresenta un’inezia della categoria vengano riconosciuti diritto e legittimazione a trattare e firmare accordi (con la scarsa competenza ben nota) che poi vincolano tutti.

Gli animi di chi ancora ci crede, quindi il mio no, si scaldano in vista dell’imminente (?) firma del nuovo contratto collettivo dei giornalisti.
Attorno al quale il dibattito si scatena con il consueto, abissale e forse ben eterodiretto ritardo. Quando cioè tutto, anche alla luce degli sfuocati contenuti annunciati, è diventato pressochè inutile.
Fatta tale sgradevole ma dovuta tara, è interessante il contributo dato alla faccenda (lo leggete qui) da Maurizio Bekar, Maria Giovanna Faiella e Laura Viggiano, rappresentanti dei giornalisti lavoratori autonomi in Commissione contratto Fnsi.
Un contributo di cui non condivido tutto, ma che almeno sviscera nel dettaglio molte questioni.
Quello che però mi infastidisce molto è altro.
E cioè che, in questa difficilissima fase della trattativa e più in generale della professione, si dia per ovvio, acquisito, perfino ineluttabile un fatto: il ruolo dell’Fnsi come interlocutore unico degli editori e, quindi, di rappresentante dei giornalisti. In nome di quale mandato, scusate?
Se infatti, come è assodato e i dati dimostrano, il 60% del lavoro giornalistico è oggi autonomo, che rappresentatività, anzi che legittimità può avere un sindacato monopolista il quale, di questi autonomi, raccoglie ben che vada appena il 7%?
Fatevi un giro nelle assostampa regionali, sondate i colleghi, chiedetegli quanti sono iscritti al sindacato e scoprirete che tra gli autonomi la Federazione ha pochissimi aderenti. Circa il 7%, appunto.
Eppure essa si arroga – e, cosa per certi versi più grave, acquiescentemente o complicemente gli viene riconosciuto da governo, fieg e massa giornalistica stessa – l’incarico di interlocutore unico della controparte.
Un interlocutore che da tempo immemorabile ha dimostrato di aver dato il peggio di sè proprio in materia di lavoro autonomo (la recente buffonata dell’equo compenso non è che la ciliegina sulla torta) e che a proposito del quale non a caso brilla da sempre per assenteismo e assoluta mancanza di know how.
Allora mi chiedo e vi chiedo: perchè siete disposti ad accettare passivamente tutto questo?
In quale mondo reale, diverso dal nostro, un’intera categoria consentirebbe a un misero 7% di essa, e forse nemmeno il migliore, di fare, disfare, trattare, firmare contratti per tutti? Oltretutto omertosamente, alla cieca, facendo accordi nelle segrete stanze, senza una minima consultazione della base su questioni così vitali? E in una congiuntura che pone la professione alle porte del dilettantismo?
Davvero non so come andrà a finire la faccenda del contratto, ma comunque si concluda ho già due certezze: sarà un esito pessimo e sarà raggiunto not in my name.
E nemmeno del 93% dei colleghi.
Potrebbe non valere nulla, se qualcuno alzasse il ditino e lo facesse notare.
Tutti tonti o tutti rassegnati?