Sviluppi clamorosi dopo il caso del dissuasore abilmente nascosto dietro un palo, tanto da “fruttare” 50mila verbali in tre mesi e un gettito di 4,5 milioni di euro. Si scopre che l’infernale macchinetta (il cartello di avviso della quale, obbligatorio per legge, era “casualmente” nascosto dietro ai pannelli pubblicitari) era stata silenziosamente ritarata al ribasso all’inizio dell’estate. L’Aduc presenta un esposto in Procura e pubblica un’antologia con le dichiarazioni dei multati. Intanto l’ex assessore al traffico fa outing sulla politica delle multe, “vitali per il Comune”. E si scopre che quasi tutti gli autovelox della città potrebbero essere fuorilegge…

Non ho voglia, né l’intenzione, di lanciarmi in una megainchiesta che altri avranno già fatto o faranno prima e meglio di me. Ma non c’è dubbio che il caso del “multificio” fiorentino esploso più o meno fortuitamente dopo l’alluvione di contravvenzioni estive (cinquantamila, pari a 4,5 milioni di euro “rastrellati” in tre mesi!) elevate a migliaia di automobilisti ignari, grazie a un autovelox non segnalato e abilmente “coperto” da un palo in viale Etruria, all’imbocco della trafficatissima superstrada Firenze-Pisa-Livorno, sia assurto in breve prima a notorietà regionale e poi nazionale.
Riportando d’attualità un tema tante volte dibattuto e mai risolto. Fino a che punto è legittimo il ricorso a questi (teorici) mezzi di prevenzione e di dissuasione? Fino a che punto è legalmente e politicamente accettabile che un’amministrazione basi le sue previsioni di bilancio (anche) sugli introiti derivanti dalle multe, che diventano così strumenti di autofinanziamento anziché di sanzione, dissuasione e prevenzione? Soprattutto se, come appare sempre più chiaro nel capoluogo toscano – tra crescenti imbarazzi, atteggiamenti pilateschi e scambi di accuse roventi – le irregolarità di installazione e di gestione dei rilevatori di velocità sono parecchie e se, oltretutto, nella medesima situazione si troverebbe gran parte degli “occhi elettonici” sparpagliati per la città?
Sì, perché col passare delle settimane la vicenda sollevata dal giornalista Riccardo Catola, vittima egli pure dell’autovelox traditore, assume progressivamente i connotati di uno scandalo di larghe proporzioni. Per non dire di un disinvolto “sistema” ideato, o tacitamente tollerato, per spillare alla gente un po’ di easy money.
Vale la pena di riassumere brevemente la vicenda, che ai suoi albori questo blog rilanciò puntualmente qui e qui.
A metà settembre, migliaia di fiorentini, pendolari e turisti cominciarono a ricevere la notifica di sanzioni da centinaia e a volte migliaia di euro, spesso per più rilevamenti nell’arco della stessa giornata, con relativa sottrazione di punti dalla patente, dopo aver superato il limite di velocità di 50 kmh imposto poco realisticamente sulla rampa di accesso alla Fi-Pi-Li. “Merito” di un autovelox di cui quasi nessuno aveva memoria o che quasi nessuno aveva visto.
Il giornalista sale in auto e va a fare un po’ di foto, dimostrando che il cartello di avviso affisso per legge è in effetti occultato alla vista da un pannello pubblicitario e che l’apparecchio è nascosto dietro a un palo della luce.
Seguono pubblica denuncia e partono i primi esposti. Il comune afferma che l’autovelox era stato installato per evitare guai in un punto molto pericoloso, già teatro di alcuni incidenti mortali. Si scopre però che gli incidenti erano stati due (non tre, come asserito dal Comune) e che risalivano a due anni prima, mentre l’autovelox era comparso solo a metà di giugno. “Come può – si chiese qualcuno – scoraggiare gli abusi un autovelox “invisibile”? Cresceva intanto l’imbarazzo degli amministratori, che laconici assicuravano: “E’ tutto regolare”.
Si scopriva pian piano che i multati erano stati migliaia, che gli importi erano spesso da capogiro e che, proprio in piena estate (quando il traffico è più scorrevole e la velocità tendenzialmente più elevata), l’infernale macchinetta sarebbe stata senza motivo “ritarata” al ribasso, portando la soglia del “clic” da 70 a 50 kmh. Sarebbe incorsa nell’implacabile sanzione anche l’ex assessore e oggi consigliere comunale Tea Albini. La quale decide di fare un clamoroso outing per dire, in pratica che: a) ai suoi tempi in quel punto il limite era di 70 kmh; b) che la decisione della giunta Renzi di “ritarare” gli autovelox è stata solo un espediente poco trasparente e vessatorio per fare cassa; c) che per il Comune il gettito delle multe è “vitale”.
Apriti cielo. Entra in scena l’Aduc che, schierandosi ovviamente dalla parte delle vittime, prima pubblica sul suo sito un florilegio dei loro sfoghi denominandolo la “Spoon River dei condannati a multe” e poi presenta alla Procura della Repubblica un esposto sostenendo che non solo quello di Viale Etruria, ma che quasi tutti gli autovelox della città sono irregolari. “Sono quasi tutti irregolari gli autovelox a Firenze? Crediamo di sì”, recita un comunicato dell’associazione diffuso il 22 ottobre scorso. “La normativa prevede che i dispositivi automatici (ovvero senza la presenza di un agente) di rilevamento della velocita’ all’interno dei centri urbani possano essere utilizzati solo sulle strade di categoria D (strade urbane di scorrimento). Sulle altre tipologie di strade non e’ invece consentito l’uso di apparecchi automatici (1).
Il Codice della Strada detta le caratteristiche minime affinche’ una strada possa essere considerata “urbana di scorrimento”, caratteristiche che a Firenze ci sono solo in tre casi: viale XI Agosto, via Marco Polo e viadotto dell’Indiano. Il Comune di Firenze, deputato alla classificazione delle strade, ricomprende tutte le altre strade dove ha installato autovelox in una categoria (“strade interquartiere”) che non rientra nella categoria D.
Abbiamo svolto ricerche ed interpellato uffici del Comune, anche con l’aiuto di consiglieri comunali come Tommaso Grassi: tutti hanno confermato che la classificazione delle strade fiorentine e’ quella riportata sul sito Internet del Comune.
Quindi, a meno che non via sia stata una riclassificazione recente delle strade -e gelosamente tenuta segreta anche a membri del consiglio comunale- gli autovelox autorizzati dal Prefetto su richiesta del Comune in Viale Etruria, viale Matteotti, viale Lavagnini, viale Gramsci, via Senese e via Sestese violano la normativa vigente.
La modalita’ di controllo e accertamento delle violazioni dei limiti di velocita’ su queste strade puo’ -e doveva!- essere compiuta dagli organi competenti solo tramite postazioni con la presenza di un operatore.
Ci auguriamo di essere smentiti al piu’ presto, perche’ se cosi’ non fosse, la responsabilità degli amministratori non sarebbe solo politica -cosa di per se’ gia’ grave- ma anche penale e di gestione delle finanze pubbliche.
Per questo abbiamo anche inviato un esposto alla Procura della Repubblica e alla Procura della Corte dei Conti.
Intanto consigliamo agli automobilisti che sono stati multati in queste strade tramite autovelox automatici, di aspettare il piu’ possibile prima di pagare (comunque non oltre 60gg dalla notifica della multa), perche’ in assenza di immediate precisazioni dal Comune, potranno fare ricorso al Giudice di Pace per chiedere l’annullamento dei verbali.
(1) Articolo 4 del dl 121/2002, convertito con modificazioni in l. 168/2002