Non mi ricordo di preciso dove abitava, forse dalle parti di Vicenza, ma mi ricordo nitidamente casa sua.
Era verso il marzo del 1976, una domenica, e con mio padre, cosa rara, prendemmo la Bmw Touring per far visita a questo suo collega, Luciano Z.
La cosa invece più unica che rara era che il lungo viaggio fosse compiuto ad hoc per ritirare dall’amico paterno lo stereo usato che, dopo mesi e anzi anni di insistenze, il genitore, sordo (o forse timoroso di diventarlo) alle mie richieste di acquistarmi una batteria, aveva accettato di comperarmi: amplificatore e altoparlanti, marca Scott. Col giradischi mi ero invece già avvantaggiato da solo, acquistando settimane prima, e naturalmente di tasca mia a costo di inimmaginabili sacrifici finanziari, un fiammante Pioneer PL12D.
Quella del signor Luciano Z. era una villetta a schiera, con arredamento moderno, tipicamente borghese. Mi pare fosse al primo piano, alla periferia di un paesotto dell’hinterland. Lui era composto, cordiale, di media statura, con una chioma scura. Per riverenza e timidezza non feci domande sulla sua evidente passione per l’alta fedeltà, di cui del resto anch’io sapevo qualcosa ma più che altro per sentito dire.
In soggiorno, su una credenza, troneggiava lo stereo destinato a divenire mio e a prendere il posto dell’agghiacciante Lesa comperato (sempre di tasca mia) nel 1974, a sua volta successore della fonovaligia a valvole, sempre Lesa, regalata nel 1959 ai miei genitori per le loro nozze e su cui ascoltai i miei primi due LP.
Dal design lo Scott accusava un po’ i segni del tempo, ma feci finta di non vederlo: non era il caso di cercare il pelo nell’uovo in quanto la svolta, per me, era epocale.
Fu pagato, mi pare, 150mila lire, che all’epoca non erano una bazzecola per il metro con cui mio padre misurava la spesa e l’utilità di quell’oggetto cioè, secondo lui, zero.
Comunque l’affare si fece, dopo qualche convenevole noi ripartimmo e quel valvolare, che per avviarsi impiegava una vita e te lo diceva con l’accensione di una lucina arancione, assunse un ruolo fondamentale nella mia adolescenza.
A installazione, collegamenti eccetera provvide il giorno dopo il mio amico Gongo, oggi Sakura.
Ci rimasi affezionato, allo Scott, anche quando, anni dopo, lo sostituii, prima di rispolverarlo come oggetto vintage e, più di recente, addirittura come oggetto di culto dell’hifi.
Era da molto tempo, però, che non ripensavo a quel giorno del remotissimo ’76.
L’ho fatto oggi quando ho saputo che – presumo ultranovantenne – il dottor Luciano Z. è mancato.
Non l’avevo più visto da allora.
Ma il suo nome, il suo viso e la sua casa li rammentavo alla perfezione. Come rammento ogni fotogramma di quando per la prima volta l’impianto fu acceso a casa mia, nel mio bunker al piano seminterrato.
E nulla fu più come prima.