Oggi sarebbe stato il 73° compleanno di Nick Drake e tutti, nel mondo, giustamente lo ricordano. Peccato che manchino gli argomenti non risaputi e abbondi quasi ovunque solo la melassa.
Soundtrack: “Free Ride“, Tir Na Nog.

 

Nemmeno io posso astenermi da celebrare l’amato Drake, ma non l’avrei fatto mai pubblicamente, fedele a un’ormai antica promessa di “no more music obituaries“.

Questa infatti non è una commemorazione, ma una nota critica. Peraltro già espressa in passato anche per altri musicisti e, in generale, per una certa fortuna mainstream che aleggia attorno ai personaggi che hanno fatto la storia del cosiddetto rock and roll (nell’accezione più ampia possibile del termine).

Ecco, io credo che anche per la figura e la produzione artistica di Drake un ripensamento sarebbe necessario.

Non parlo di una revisione e tanto meno di un ridimensionamento. E nemmeno di un pur auspicabile ritorno a quell’approfondimento evaporato al cospetto di un successo postumo che ha sospinto l’artista verso un pubblico più di adolescenti che di adulti, alimentando fin troppo la superficiale vulgata dell’angelo triste e incompreso. Visione secondo me non solo limitata, ma incapace di rendere giustizia a un musicista complesso e controverso come fu ND.

A dare nuova linfa agli argomenti revisionisti, i ricordi di Beverley Martyn dei rapporti tra Drake e suo marito John nella biografia a lui dedicata da Graeme Thomson.

Eppure, salvo mie sviste, tutto tace.

Peccato.