di URANO CUPISTI
Guidato dagli spiriti di Sibelius e di Aalto, continua il viaggio tra i 180mila laghi del paese e le 14mila isole del Saimaa, con le sue foche d’acqua dolce, nel lento avvicinamento alla terra dei Sami.

 

Hämeenlinna fu abbastanza deludente. Non riuscì a coinvolgermi come avevo sognato. Trovai la casetta natale di Sibelius, in mezzo al bosco, semiabbandonata.

Lei è la prima persona che viene dopo ben dieci giorni“, mi disse sconsolata la custode.

La salutai e continuai il mio viaggio finnico. Era prioritario andare a immergermi nei grandi laghi e nelle foreste per assaporare le melodie della natura, ispiratrici di “Finlandia”. A dire il vero di laghi ce ne sono 180mila, tutti catalogati col proprio nome.

Mi mossi verso est, in direzione della Karelia.

Fu Lappeenrata, a circa 30 km dal confine con la Russia, la mia prima tappa. Cominciai ad inebriarmi di atmosfera finlandese. Era un posto sconosciuto che si rivelò bellissimo, con un vasto orizzonte di acqua e boschi.

“Il lago qui di fronte a noi è il Saimaa e ha 14mila isole”, mi disse la proprietaria dello chalet che avevo scelto, proprio sulla riva. “Da noi si dice che c’è un lago e un’isola per ogni giorno dell’anno”.

Infatti, a forza di navigarci, mi ci persi come inuna sorta di labirinto insulare. A ogni approdo scendevo accompagnato dal profumo di legno, di resina e da un tramonto che si trasforma in alba senza che te ne accorgi, al punto che alla fine le due cose si fondono.

Il giorno dopo passeggiai l’intera mattina per il centro della città, che però era strapieno di turisti. Dovevo fuggire e lo feci a bordo di un motoscafo. E mi ritrovai così sull’isola strana che mi era stata indicata dalla signora dello chalet: una delle isole-comunità.

Un piccolo porto a cui attraccare, casette in legno colorate di rosso, una zona in comune dove cucinare (d’estate prevalentemente barbecue) e l’immancabile sauna “finlandese” in comune (cioè finlandesi tutti nudi). Una condivisione del bene pubblico, un diritto di tutti di godere della natura e una prova di civiltà che mi lasciarono affascinato e conquistato.

Poi fu la volta di Imatra. Si racconta che nel 1772, con un lungo viaggio in carrozza, la zarina Caterina II sia arrivata fin lì per vedere la potenza delle rapide del fiume Vuoksi. Le stesse che anch’io potei ammirare all’apertura quotidiana della diga. “Qui, se non abbiamo niente da dire, restiamo in silenzio a osservare la natura che si rivela”, mi confessò una giovane accanto a me mentre le acque imbrigliate riacquistavano la loro libertà.

Ultima scoperta furono le foche d’acqua dolce. Rare molto rare e difficili da avvicinare. Le vidi in lontananza e mi fu detto di essere stato fortunato.

Con lo stereo a tutta valvola, immerso nelle dolci note di “Finlandia”, mi diressi verso Jyväskylä, la città del grande architetto Alvar Aalto, attraversando laghi, boschi e nuovamente laghi.

Secondo l’orologio era ora di dormire e così feci, rifugiandomi nuovamente in uno chalet sulle rive lacustri, ma questa volta a nord, nei pressi di Mikkeli. Avevo deciso di approfittare appieno di questa sorta di mio ritorno alle origini, disconnettendomi dal mondo esterno grazie alla musica di Sibelius. Quella notte capii finalmente il perchè dell’ispirazione dettata al compositore da quei luoghi straordinari. “E’ qui che volevo arrivare“, dissi tra me e me, “finora ho solo perso tempo“.

Raggiunsi quindi Jyväskylä, conosciuta anche per la sua ricca scena culturale. Aalto non era nato qui, ma un po’ più a nordovest, a  Kourtane. Ma Jyväskylä è la città dei suoi studi, delle sue case, i suoi edifici. Ed è sede del museo a lui dedicato e progettato da egli stesso. Arrivato lì, Alvar divenne il mio nuovo filo conduttore, la traccia da seguire.

Rovaniemi, intanto, si stava avvicinando.

Mi fermai prima a Oulu e Kemi. Trovai la prima una città molto vivace,  la quarta maggiore della Finlandia, in terra Sami. L’esempio forse più tipico di cultura urbana immersa nella natura del nord, sulle rive del Golfo di Botnia. Per le vie gente sempre sorridente. La strada pedonale di Rotuaari è un salotto urbano inverosimile a queste latitudini. Il Circolo Polare Artico non è molto lontano. Era contornata da tanti caffè, ristoranti, centri commerciali e piccole boutique che si coloravano di una particolare luce fino al volgere della breve notte.

Anche Kemi si affaccia sul Golfo di Botnia e da sempre rappresenta lo sbocco al mare per i traffici commerciali di Rovaniemi. Ancora oggi enormi navi merci escono dal porto e durante l’inverno sono scortate da altrettanto enormi rompighiaccio che aprono la via nel mare per consentire la navigazione verso sud. Vederli all’ormeggio durante la “pausa” estiva fu impressionante e mi fece venire di tornare a Kemi d’inverno non solo per vivere un’avventura a bordo di quei natanti ma per fare altre esperienze glaciali in castelli, ristoranti, hotel, chiese che lì in inverno vengono costruiti con l’unico materiale a dispozione:  grandi cubi di ghiaccio, appunto.

E finalmente eccomi a Rovaniemi: la Lapponia, i Sami, l’Arktikum, le renne, Alvar Aalto. Una storia antica, la corsa all’oro lungo il fiume Kemijoki, la distruzione durante la Seconda guerra mondiale e la ricostruzione sui disegni  di Alvar. Una planimetria ispirata all’origine alle corna delle renne (ma oggi difficile da osservare anche con un dron). Le abitazioni e i palazzi con le finestre studiate apposta per catturare ogni raggio di luce, le grandi arterie dove quelli che paiono parchimetri sono solo colonnine per il preriscaldamento delle automobili.

Lì avevo un appuntamento con Olav, la mia guida Sami. Mi raggiunse all’Artic City Hotel. Gli elencai i luoghi che avrei voluto visitare e lui, in un inglese molto lappone, scosse la testa.

“Devi fidarti di me”, disse, “e non te le pentirai”.

 

(2/continua).