Sono notoriamente parco di complimenti e, quando non sono meritati, preferisco non farne affatto piuttosto che trovare melliflui giri di parole per simulare un gradimento anche modesto, ma che non c’è.
Se quindi giorni fa non fossi uscito soddisfatto dal megapranzo celebrativo per il 30° anniversario dell’Albergaccio, l’ormai “storico” ristorante di Castellina in Chianti creato appunto oltre tre decenni orsono da Sonia Visman e Francesco Cacciatori, ambedue ancora saldamente sul pezzo coadiuvati ai fornelli dal figlio Pietro, semplicemente non avrei scritto questo post.
Invece sono uscito soddisfatto.
Non solo per la qualità delle quindici (uno-cinque: praticamente un attentato, visto che non si trattava di semplici assaggi) portate, tutte giocate sulla rievocazione dei piatti che anno dopo anno hanno contrassegnato il successo del locale chiantigiano, titolare dal 2004 al 2015 della stella Michelin, ma soprattutto per il clima della bella tavolata e per l’emozione palpabile che si respirava al di là della circostanza professionale. Un’emozione capace di trasformare un pur piacevole evento per stampa e amici in una sorta di complice, rumorosa adunata.
Insomma è stato un po’ come quei pranzi di nozze che sono fatalmente interminabili (ci siamo trattenuti del resto dalle 12.30 a quasi le 17!) ma in cui, anzichè annoiarsi, ci si cala lentamente nell’atmosfera festosa e, dimenticandosi l’orologio, alla fine ci si lascia andare, riponendo ogni proposito di moderatezza.
E’ andata esattamente così, infatti, con rimpatriata (anche in cucina, del resto, Sonia e Pietro avevano chiamato a contribuire il siciliano Carlo Sichel e Ombretta Giovannini de La Leggenda dei Frati) durante la quale però il cibo non è affatto rimasto in ombra e, al contrario, ha suscitato tra i commensali ampi dibattiti e apprezzamenti.
Ecco il menu:
2018: cipollotto, miele, limone e pinoli
1992: cibreo di rigaglie di pollo con sformatino di porri
2017: maremmani burro e salvia (portata delicatissima e riuscitissima)
2011: gnocchi allo zafferano, musetto di chianina IGP e porcini
2016: risotto Carnaroli con pecorino stagionato, spezie del panpepato, soppressata e limone candito (bene!)
2016 bis: tortelli di lepre cioccolatata, nocciole, ricotta e caffè (di Carlo Sichel)
1993: pici al sugo di agnello e pecorino
1993 bis: terrina di fegatini (di Ombretta Giovannini)
1994: petto d’anatra, menta, coulis di pomodoro
2018: braciolina con i capperi (portata riuscitissima, servita a tocchi: grande intuizione)
1993: piccione, fichi caramellati e spezie
2018: fagiano in casseruola (molto bene!)
2019: cheesecake all’uva e biscotto alle arachidi
2014: pistacchio, cioccolato bianco, capperi e alkekengi.
Nel bicchiere: Atto Unico 2018 (Malvasia e Ribolla gialla) Collio Bianco di Picèch; Valletta 2016 di Gagliole; I Sodi di San Niccolò Magnum 2014 Castellare; Loazzolo Piasa Rischei 2012 (Moscato vendemmia tardiva) Forteto della Luja.
Tra una portata e l’altra, i racconti degli chef e di un coinvoltissimo Francesco, gli aneddoti, storie di materie prime e di cucina, di rapporti col territorio e di una vicenda tanto lunga che in essa restano alla fine diluiti anche i momenti difficili.
Grazie e in bocca al lupo!