Mentre si palpita (si fa per dire) in attesa delle nomine dei nuovi vertici OdG, nel mondo reale tutto continua imperterrito come prima. Ad esempio c’è chi da anni fa il giornalista facendo consulenze (pagate) alle aziende di cui recensisce i prodotti. Vi pare normale?

Non sono un fanatico delle polemiche che ogni tre per due nascono sul web, neppure se l’oggetto del contendere è uno degli argomenti di cui mi occupo per lavoro con più frequenza. Ad esempio il vino.
Ma visto che l’argomento OdG – essendosi appena concluse le elezioni tra i roboanti proclami di eletti e trombati, quorum ego – è di grande attualità e che accesso alla professione, permanenza nella medesima, deontologia e etica sono state tra le voci propagandistiche più gettonate in campagna elettorale, ecco una questione calda calda per misurarsi sulla corrispondenza tra fatti e parole.
La lancia, sul suo giornale on line Winesurf, il collega Carlo Macchi. Rilevando che c’è un noto, anzi notissimo critico e giornalista vinicolo il quale non solo edita una guida su cui pubblica le recensioni di sè medesimo, ma parallelamente svolge una lucrosa attività di consulente a pagamento per le aziende delle quali recensisce i vini.
Non sto qui a riassumervi il dettaglio nè la ricchezza dei commenti, che potrete delibare con gusto sul sito sopra menzionato.
Vorrei qui invece allargare il campo dallo specifico vinicolo e affrontare il discorso, da una prospettiva strettamente ordinistica.
Ovvero:
primo, forse basterebbe chiamare il protagonista della vicenda e i copiosissimi che lo emulano per quello che sono: consulenti e imprenditori. Se come tali siano capaci o incapaci, lo giudichino i loro clienti.
secondo: se poi costoro sono anche iscritti all’albo professionale, non starebbe all’Ordine vigilare ed eventualmente sanzionarli, se il comportamento dell’iscritto non è rispettoso della deontologia, come certamente non lo è fare consulenze, men che meno a pagamento, per le aziende che recensisci?
terzo: ma perchè nessuno segnala questi casi agli Ordini di appartenenza?
quarto e più importante di tutti: stanti, senza troppi ulteriori discorsi, le cose come sopra e vista l’attività certamente lecita, ma giornalisticamente incompatibile con lo status professionale, che taluni svolgono, come è possibile che gli stessi abbiano potuto iscriversi all’Ordine e siano ancora iscritti? Ammesso che al momento dell’iscrizione ne avessero i requisiti, adesso li hanno certamente perduti. Ma se si consente a chiunque di iscriversi, di restare iscritto e perfino di farsi chiamare giornalista senza essere nell’albo, di che stiamo parlando? Vogliamo finalmente alzare il velo sui tariffari delle recensioni, siano esse promananti da giornalisti (da cacciare) o da falsi giornalisti (da denunciare)?
Come si vede, i Consigli regionali dell’Ordine si rinnovano ma i problemi restano sempre gli stessi.
Guardiamo se a questo giro i sedicenti innovatori avranno il coraggio di affrontarli.

PS: mi fanno notare che esiste la possibilità che il noto recensore non sia iscritto (non ho avuto nè il tempo nè il modo di verificare) all’OdG. Mi pare però una nulla quaestio: se non sei giornalista, ma non fai nulla per far sapere che non lo sei e ti fai trattare o ti spacci come se lo fossi, la cosa non si attenua, casomai si aggrava.