Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, una nota diramata dai vertici del Comitato: “Circola voce che stiamo costituendo un nuovo sindacato di agricoltori. Questo non è assolutamente vero! Siamo un gruppo di agricoltori e allevatori che vuol far sentire la propria voce. Visto che nessuno ci ascolta e non avendo altri mezzi ci siamo messi insieme per poter urlare più forte. Abbiamo costituito un comitato ma NON FAREMO MAI NESSUN SINDACATO NE’ ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA”.

Ci fosse di mezzo Jose Mourinho, l’avrebbe già chiamato “il rumore dei nemici”. E che le organizzazioni agricole, dietro la facciata di ostentata quanto malcelata (a volte neanche tanto celata) indifferenza, per non dire inquietudine, non vedano di buon occhio il movimento di protesta che, continuando ad espandersi, si sta allargando a macchia d’olio in tutta Italia, isole comprese, non è certo un mistero.
Come non è un mistero l’imbarazzo dell’intero mondo agricolo, compreso l’assordante silenzio delle istituzioni a ormai quasi un mese dalle prime manifestazioni spontanee, probabilmente alle prese con la valutazione di delicate questioni di opportunità politica nell’approccio al problema.
Fatale insomma che, in questa situazione di stallo “tattico”, le voci e gli interrogativi fiocchino.
L’ultima, e più forte, messa in circolazione non si sa da chi (ma in fondo è importante saperlo?) è che dietro al “Comitato spontaneo” si nascondano le grandi manovre per la creazione di un nuovo sindacato agricolo. Un’illazione di fronte alla quale i promotori reagiscono con il secco comunicato di smentita pubblicato in apertura di questo post.
Basterà a rassicurare le organizzazioni?
Personalmente, ne dubitiamo. Soprattutto perchè siamo convinti che la comprensibile agitazione di Coldiretti, Cia e Confagricoltura non derivi dal timore che l’ipotesi si traduca in realtà, bensì dalla molto più realistica prospettiva che l’attività del Comitato si traduca in un allontanamento degli agricoltori, in una perdita di soci e in un allentamento del rapporto di “dipendenza fiduciaria” che finora ha contraddistinto le relazioni tra imprese agricole e il loro sindacato di riferimento.
Coda di paglia, dirà qualcuno (e forse non a torto)? Può darsi. Anche se a parere di chi scrive la grande responsabilità delle organizzazioni non sta tanto nel non aver saputo opporsi nel tempo a un trend – il de profundis per l’agricoltura tradizionale – che da anni appariva chiaro e ineluttabile nella sua portata, bensì nel non aver messo tempestivamente in allarme gli associati (un po’ per superficialità, un po’ per opportunismo, un po’ per presunzione, un po’ per inefficienza) sullo tsunami che in lontananza si prospettava. Uno tsunami al quale, va detto anche questo, gli agricoltori sono rimasti sordi e si sono fatti sorprendere nonostante le copiose avvisaglie inviate loro dal sistema nel corso degli anni.
Comunque sia, ora gli “spontanei” si sono esposti, affermando di fronte all’opinione pubblica non avere alcuna velleità sindacale.
A quando una risposta da parte delle organizzazioni e della politica? Assessori regionale Salvadori e provinciale Betti, a voi la parola.