La supermanovra economica somiglia sempre di più a certi filmati di youtube sulle donne al volante: decine di tentativi, marce e retromarce, auto sempre di sghimbescio, accostamenti “a orecchio”. E infine la malinconica rinuncia a parcheggiare.

Dopo il pendolo tra aumento dell’iva e non aumento dell’iva, tra ritocco delle pensioni e non ritocco, tra supertassa e niente supertassa, tra accorpamento e non accorpamento delle feste civili, la soglia del grottesco mi pare superata. Così come quello della pazienza degli italiani, che sta lentamente ma inesorabilmente declinando in un annoiato e disilluso disinteresse. Deja vu, insomma.
Le amiche non se n’abbiano a male, ma le comiche esercitazioni di manovra economica in corso a Palazzo Chigi, dove in due settimane di grande afa e di grande fifa è stato annunciato tutto e il contrario di tutto, somigliano tanto a certi luoghi comuni sulle donne al volante. E a certi filmati di youtube in cui una guidatrice tenta ripetutamente, ma sempre senza esito, di parcheggiare l’auto. Dopodiché rinuncia lasciando lo spazio desolatamente vuoto.
Quanto sta accadendo è da un lato surreale e da un altro rassicurante. Anche se assai poco lungimirante. Il surreale consiste nella disinvoltura con cui ogni architettura fiscale e previdenziale viene prima annunciata come risolutiva e poi smentita o capovolta nel giro di 24 ore. Il rassicurante sta nel fatto che la crescente sensazione è che, alla fine, aumenteranno benzina e sigarette, tanto per rastrellare qualche spicciolo e tamponare le scadenze a breve, mentre le nostra tasche rimarranno temporaneamente salve (al resto ci si penserà poi, cioè mai, finchè non sarà troppo tardi). Il perché della poca lungimiranza è evidente.
Inutile perdersi in tecnicismi: qui si naviga a vista. Tutti. Opposizione compresa, che spera con tutto il cuore che l’esecutivo prenda decisioni necessarissime ma impopolarissime in modo da potergliele far scontare al momento di andare alle urne, augurandosi di non doverle invece prendere lei una volta vinte le elezioni. Uno spettacolo sconfortante di acrobazie dialettiche, finte, tatticismi, populismi, demagogie, petizioni di principio, facce di bronzo. Tanto da far nascere il sospetto che l’emergenza non ci sia, ma il suo spettro serva solo per fare da combustibile alla campagna elettorale permanente.
Che tristezza, che sensazione da basso impero.