Fisconline: storia di un passaggio dalla fattura (elettronica) alla frattura (di zebedei).
Siccome sono un bravo ragazzo e mi piace sapere di cosa parlo (oltre ad averne il dovere, vista la mia professione), ho dedicato parecchio tempo delle agognate vacanze (altrui) a provare a capirci qualcosa sulla fattura elettronica.
Sulla pratica, sia chiaro, non sulla teoria. Perchè sulla seconda tutti sono dei draghi, in particolare chi non ha a che fare con le fatture e chi vive in una sua personale nuvola ideologica digitale senza mai toccare i piedi per terra, nella convinzione che tutti siano come lui.
Ebbene, lo dico esplicitamente: non ci ho capito nulla, rimbalzando tra link, pagine web, sigle astruse il cui significato ti dimentichi non appena sei costretto a memorizzare quello della sigla appresso.
Anche mettendo a tara i miei ben noti limiti, mi chiedo come si possa pensare che una persona normale, che fa un lavoro normale, con problemi normali e un’attività tragicamente normale e quindi col banale bisogno, che appare puerile ai burocrati e agli informatici, di mettere insieme il pranzo con la cena, riesca a cavarne le gambe.
Non a caso, il 90% degli interessati anzichè le gambe cava infatti il portafogli e paga qualcuno che, al posto loro, districhi il garbuglio. Alla faccia del risparmio, della semplificazione, della trasparenza. Oppure sceglie, se può, la via più breve, cioè il pagamento in nero. Bel colpo, eh?
Ieri mi sono scontrato con la pioggia di fatture elettroniche, cioè con l’arrivo da ogni dove di perturbazioni digitali che, senza tuoni nè preavvisi, ti inondano di scartoffie elettroniche. Si è infatti scoperto che una vera e propria regola non c’è e che anche a tua insaputa puoi riceverne dai canali più disparati, per accedere ai quali hai comunque sempre bisogno del commercialista o del ragioniere o mal che vada dello smanettone prezzolato.
Oggi invece, di buonissimo mattino, ho provato a tirare le fila dei lunghi studi e, dopo mezz’ora di training autogeno e un’altra mezz’ora a raccogliere mentalmente le nozioni teoriche faticosamente apprese, ad emettere la prima fattura.
Fallimento su tutti i fronti.
Ho scoperto che avrei dovuto o anzi dovrei, attraverso percorsi misteriosi, iscrivermi prima al criptico sito fiscoonline, inserire poi i dati della mia dichiarazione dei redditi (!) e da lì ricevere mezzo (!!) pin, l’altra metà del quale non ho capito come mi sarebbe stata recapitata. Dopodichè accedere ad altriinfiniti bertuelli digitali per riuscire, al termine di un tortuosissimo e lunghissimo itinerario informatico – salvo errori e ritorno alla partenza tipo gioco dell’oca, si capisce – ad ottenere cosa?
Ad ottenere l’esercizio di un mio sacrosanto diritto nonchè stringente necessità: chiedere a chi me lo deve il giusto compenso per il mio lavoro.
Invece, per riuscirci, devo lavorare ulteriormente e pagare pure qualcuno per aiutarmi.
Ora vado in macchina a prendere il giubbotto giallo. E poi in cantina a prendere la fionda.
I sassi li trovo per strada e non sono affatto digitali.