Stamattina ho scritto e pubblicato sul mio blog (vedi sotto) un pezzo ironico sul malcostume dell’uso errato e dilagante del trolley, ascritto ormai a bagaglio universale anche dove l’uso è impraticabile: lunghi percorsi lastricati, scale, prati, ghiaia, campagna, fondi accidentati. E mi chiedevo che senso avesse sottoporsi alla tortura del trascinamento in contesti con temperature tropicali e funzionalmente impossibili, nei quali sarebbe assai più facile e comodo prendere un taxi.
Ebbene, incredibile dictu (o forse no), ma dal trolley sono spuntati un paio di troll.
Prima un coglione che ha inteso il pezzo in chiave classista, coprendomi di contumelie e adombrando che i miei viaggi non fossero mai andati oltre Scandicci. Boh…
Poi un altro che, polemizzando lui, accusava me di fare polemiche sterili perchè, cito testualmente “il trolley serve per portarci le mutande di ricambio” (a parte la fine esemplificazione, a me non pareva di aver sostenuto il contrario). Insomma, invece di non intendere, fingeva.
Ora, chi fa il mio mestiere deve sempre preoccuparsi quando il lettore non comprende e deve sempre chiederti se sei stato tu ad esprimerti male, cosa che può capitare a tutti, me compreso ovviamente.
Siccome, nella circostanza, il caso non mi pareva questo, devo concludere che parlare di trolley induce taluni a trasformarsi in troll.
Pace all’anima loro.