di CARLO MACCHI
Barbera d’Asti i Bricchi di Castelrocchero 1996 Scarpa: un’espressione del vitigno talmente classica che  lascia stupiti per nitidezza di frutto e freschezza. Un Barbera che, maturata in legni grandi e di quasi 30 anni, ha ancora molto da dire.

 

Si scrive Scarpa ma si legge Barbera. Fu amore a prima vista fin dal lontano 1991, quando la loro Bogliona 1986 mi marchiò a fuoco con un acidità che mise a dura prova la mia dentatura. Però fu un colpo di fulmine e da allora per me Scarpa, rimasta fedele alle sue idee grazie a quel grande personaggio di Carlo Castino, che ha tenuto dritta la barra dell’anima austera e inossidabile dei loro vini, è sinonimo di grande Barbera.

Oggi il timone è passato in mano a Silvio Trinchero, che non si sogna minimamente di deragliare dalla via tracciata a suo tempo. Se si scrive Scarpa ma si legge Barbera, si traduce Bogliona, una Barbera D’Asti (oggi superiore) che unisce la grande austerità ad un corpo importante e una complessità che si forma negli anni.

Visitando Scarpa è quasi obbligatorio assaggiare la Bogliona, magari assieme a praticamente tutta la gamma aziendale, ma il vino di cui vi voglio parlare è un altro, quello che un tempo si chiamava Barbera d’Asti Bricchi di Castelrocchero, e oggi semplicemente Barbera I Bricchi.

Terreni argillosi tra Castelrocchero e Acqui Terme, attorno ai 400 metri portano ad un espressione classica del vitigno. Talmente classica che l’interpretazione della 1996 mi ha lasciato veramente stupito per nitidezza di frutto e incredibile freschezza. Un Barbera, maturata in legni grandi, di quasi 30 anni, che ha ancora molto da dire.

Il colore in primis, ancora rubino brillante, ti prepara ad un inaspettato mix di giovinezza e complessità: infatti il naso parte su sentori di tabacco e cuoio per poi, dopo qualche minuto nel bicchiere, virare  verso frutta rossa e erbe officinali. Sotto a tutto quello che un tempo si chiamava goudron e che oggi possiamo tradurre con intelligente uso del legno e equilibrio aromatico. In bocca (non avevo dubbi!) freschezza a iosa, grazie ad un acidità quasi ferrigna che “dirige le danze” ma lascia anche spazio alla tannicità soffusa e birichina della Barbera. Ovviamente la lunghezza al palato è importante.

Un vino che dimostra come il tempo, per le grandi Barbera d’Asti, non sia un problema ma un’opportunità.

 

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