Oggi non è un pomeriggio troppo azzurro.
Né lungo, visto che non sono nemmeno le cinque ed è già quasi buio, complice una pioggia fitta, fredda e ventosa. Insomma è praticamente notte.
Sento qua e là qualcosa sgocciolare (spero non in casa) e il tipico fruscio del silenzio misto alla brezza.
Le incombenze, è ovvio, incombono. Al punto da essere state sopravanzate da incombenze precedenti, in un effetto domino a cui si può resistere solo con la pigrizia.
E quindi, da sotto un metro di polvere dove è andata a cercarla a tentoni, la mano tira fuori ciò che resta di una vecchia chitarra, ovviamente scordatissima.
Stufa accesa, luce bassa, inusuale intermezzo di whisky torbato pomeridiano. E dalle dita incerte prova a emergere ciò che riesco a suonare di Blackwater Side.
L’importante è non ascoltarsi, immaginandosi che la canti Anne Briggs e che ad accompagnarla sia tu.
Certo, a pensarci bene, la capacità di imprinting dei pomeriggi assolutamente marroni degli anni settanta è stupefacente.