Fatta eccezione per i pezzi davvero grossi e per pochi altri, in oltre tre decenni di carriera di rado ho visto politici capaci di scegliersi un addetto stampa all’altezza della situazione. Di una figura capace cioè, come la funzione implicherebbe, di guidare con misurata sapienza l’assistito nei rapporti con la stampa, prevenire problemi, rimediare a gaffe, creare situazioni di visibilità e al tempo stesso di credibilità, salvaguardare e valorizzare l’immagine del de quo.

Accade invece quasi puntualmente il contrario: ti imbatti o in totali incapaci quanto presuntuosi, messi lì per sola appartenenza partitica, o poveretti volenterosi, ma senza esperienza né professionalità, piazzati a caso a fare da parafulmine o, più frequentemente, danni.

In ambo i casi, pure quando il loro politico di mezza tacca non se lo fila nessun (anche perché, essendo appunto di mezza tacca, il politico stesso è il primo a ignorare cosa gli sarebbe utile), i soggetti di cui sopra eccellono nel farsi scappare le occasioni più ghiotte e nell’inimicarsi senza motivo i rari giornalisti che, ingenuamente, si erano illusi di trovare qualcosa di interessante e per questo avevano appunto interpellato l’addetto stampa in parola.

Aggiungo che più il tempo passa e più la sindrome di aggrava.

Ovviamente parlo per un amico.