di ROBERTO GIULIANI
A caccia di fresco scappi in altura: Cervara di Roma, oltre quota 1.000. Ti fermi in una locanda e ti disseti con un Montepulciano d’Abruzzo di nome e di bottiglia pesanti, ma ottimo e di prezzo leggero…

 

Ormai è sempre più frequente dover fare i conti con estati torride. E io, quando non ne posso più di sudare squagliandomi sul pavimento, scelgo una meta prossima ma “alta” per riprendermi da cotanto calore.

Così giorni fa, con 37 gradi, ho preso mia moglia e l’ho portata a Cervara che, sebbene lontana 86 km da casa mia, è ancora in provincia di Roma, a quota 1.053 metri: il più alto comune della provincia e il secondo del Lazio dopo Filettino.

E infatti a mezzogiorno già passeggiavamo per le stradine di questo bel borgo, con temperatura piacevole,  venticello e un’aria decisamente pulita.

Il paese è all’ingresso del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, la più grande area protetta della regione, così bello da essere finito nelle vedute di numerosi artisti compreso quel Samuel Morse famoso per aver inventato il codice omonimo.

Pur tra ampie vedute panoramiche, ci sono da fare numerose rampe di scale e anche tra un vicolo e l’altro è frequente trovare altri gradini. Poco prima di arrivare in cima, alla Rocca, si trova la chiesa principale del paese, Maria Santissima della Visitazione, dove gran parte dei 450 paesani va in preghiera.

Per pranzare si può andare al ristorante Ferrari, proprio in centro, alla Locanda di Fonte Martino, immersa nel bosco a 4 km dal borgo.

La scelta è stata ottima: un’oasi di tranquillità, bella terrazza con tavoli ben distanziati e verde tutto intorno. Non mi aspettavo una più che buona carta dei vini, considerando che l’ambiente è quello tipico di una trattoria. Il proprietario invece ci tiene alla qualità, le materie prime sono ottime e ben cucinate, mai piatti pesanti e tutto risulta assai equilibrato e digeribile. La tagliata di manzo è uno spettacolo, alta e tenerissima, vale la pena andarci solo per questo. Qui si usa del resto la brace vera, coma hanno dimostrano anche gli ottimi peperoni presi di contorno.

Nella scelta dei vini , siccome qui si respira aria d’Abruzzo, da una buona sequenza di Montepulciano ho scelto la Riserva 28 Quintali 2013 di Lampato, in edizione limitata.

L’azienda nasce nel 2009 nel comune di Castellana di Pianella (PE) dalla coppia di Morena Lamonaca e Tommaso Patricelli. Prima dell’uva Tommaso si occupava di prugne, delle quali era uno dei principali produttori del centro Italia. Poi le cose sono cambiate, lui si è trovato di fronte a un bivio e ha scelto di abbandonare il mercato ortofrutticolo per puntare alla produzione d’uva. L’impostazione della nuova azienda è andata subito in direzione del biologico e dell’autonomia energetica.

Il 28 Quintali è un Montepulciano d’Abruzzo Riserva, classe 2013, 18 mesi in barrique e oltre un anno di affinamento in bottiglia. Alla Locanda l’ho pagato 35 euro (il ricarico mi sembra più che corretto), ma sul sito aziendale viene proposto a 18 euro, davvero un prezzo eccellente. Ha profumi intensi di marasca, prugna, mora di rovo, ciliegia in confettura, cacao, tabacco, liquirizia, mosto, leggera vaniglia.

Bocca con giusta freschezza e un’alcolicità importante ma ben coperta da una struttura energica, ancora qualche venatura boisé ma non disturba, c’è tanto materiale espressivo che bilancia bene anche nel lungo finale. Un ottimo vino insomma, ma con una pecca sempre meno giustificabile: la bottiglia pesa 1208 grammi: troppi!

Da un produttore che lavora in bio e ha un occhio per l’ambiente una scelta del genere non me l’aspetto proprio. Cari Tommaso e Morena, non è più tempo di bottiglie pesanti quello che conta è cosa c’è dentro.

 

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