Nulla si sa sui lavori in corso per il nuovo assetto dell’ente previdenziale dei giornalisti autonomi, atteso per luglio. E’ normale che nessuno informi o interpelli i diretti interessati? Ecco cosa vorrei sapere.

 

Mancano meno di sei mesi al primo luglio.

Cioè alla scadenza dei termini fissati dalla Legge di Bilancio 2022 (approvata il 16 dicembre 2021) affinchè i vertici dell’Inpgi, nel frattempo passato all’Inps per la cd “gestione principale”, adeguino, giusta approvazione dei ministeri competenti, lo statuto dell’Inpgi2. Ovvero della “gestione separata”, l’ente “di previdenza e assistenza dei giornalisti professionisti e pubblicisti che svolgono attività autonoma di libera professione giornalistica, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa“.

Nei giorni scorsi un comunicato riferisce giustamente degli incontri, per ora solo interlocutori in verità, avvenuti tra i vertici di Inpgi1 e Inps per garantire una lineare “transizione” dall’uno all’altro. Bene.

Ma, passate due settimane anche dall’entrata in vigore della legge e due e mezzo dalla prima bozza (un tempo si presume pieno di lavoro, progetti e riflessioni da parte di chi di dovere), di cosa bolla in pentola per l’istituto degli autonomi non si sa nulla.

Non un orientamento, un aggiornamento, un’indiscrezione. Niente: silenzio di tomba.

Almeno a quanto risulta a noi peones della base, intendo. Insomma quelle trascurabili pinzillacchere dei diretti interessati. I quali, esclusi dalla sacre stanze, forse sono ritenuti pure da chi teoricamente li rappresenta (non apriamo polemiche sul punto, anche se si potrebbe) delle presenze mute e comunque dovute ad obbedir tacendo. Bisognose al massimo del solito tutore che veda e provveda in loro vece.

Eppure nella categoria l’inquietudine aumenta, considerati il generale avvitamento della professione, il crollo dei redditi e l’incertezza per il futuro.

E cresce la progressiva voglia, nonchè diritto di sapere, da parte delle decine di migliaia di giornalisti autonomi italiani: ne esistono sintomi inequivocabili.

Gli ultimi sono il lancio di alcune sottoscrizioni – alla prima delle quali ho aderito io stesso e alla quale suggerisco a tutti i colleghi di aderire – affinchè in questa determinante fase “costituente” gli iscritti all’Inpgi ex 2 siano consultati e coinvolti nelle scelte strategiche e negli indirizzi decisionali. Evitando che, more solito, qualcuno, sebbene formamente legittimato a farlo, decida al posto loro senza nemmeno dare la garanzia di conoscere a fondo le questioni sul tappeto (la maggioranza della dirigenza Inpgi è costituita da giornalisti contrattualizzati in quali hanno dato annosa prova di saperne un tubo delle questioni libero-professionali).

Allora mi permetto di fare io alcune domande che, sono certo, sono le stesse che ciascuno dei 27mila iscritti attivi (su un totale di 44mila) porrebbe al presidente Marina Macelloni, ai membri del cda e del comitato amministratore dell’Inpgi, ai ministeri competenti e al sottosegretario con delega per l’informazione e l’editoria Giuseppe Moles.

Eccole:

  1. A che punto solo i lavori preparatori del nuovo statuto?
  2. Quali ne sono gli indirizzi?
  3. Sono previsti – e come e quando – momenti di confronto e di aggiornamento con la categoria?
  4. Chi sono i referenti per l’elaborazione e la stesura del nuovo statuto?
  5. A chi può rivolgersi l’iscritto per offrire suggerimenti e contributi o avere informazioni?

Cinque quesiti semplicissimi una risposta ai quali, siamo certi, non ci verrà negata.

Vero?