Inattesa parentesi rosa all’assemblea di protesta dei liceali fiorentini. E la folla dei contestatori si riscoprì col cuore tenero…
Assemblea studentesca in un palasport fiorentino, un migliaio di ragazzi tra i 15 e i 18 anni a parlare di edilizia scolastica con annessi e connessi. Io dovrei coordinare, ma in realtà non coordino nulla e sto a sentire.
Prima parlano i rappresentanti degli istituti, poi è il turno dell’immancabile video con richieste e denunce, infine tocca all’assessore.
Pausa.
E viene il momento dell’attesissimo dibattito a microfono libero.
I leader prendono subito la parola ed è un frullare di diritto allo studio e di aule fatiscenti, di palestre mancanti e di sicurezze carenti. Poi si divaga sulla casta dei politici, i soldi che ci sarebbero ma non ci sono, il solito Berlusconi, Gheddafi, protesta sociale e vaghe ideologie a volte un po’ confuse. L’atmosfera si scalda, gli inkazzati scalpitano.
Quindi tocca a un biondino, caschetto alla Beach Boys, jeans bracaloni e giubbotto rosso scuro. E’ un maturando, mi dicono. E viene da un prestigioso liceo classico della città, sezione B (la mia, insomma).
L’esordio è a effetto, da politico consumato: “Mi sono innamorato“, dice. E tu ti aspetti visioni oniriche di un mondo migliore, citazioni kennediane, Martin Luther King e Nelson Mandela.
“Mi sono innamorato di una ragazza“, prosegue invece lui tra l’incredulità generale. “Si chiama Silvia e sta seduta lassù in diciottesima fila“.
Un attimo di interminabile silenzio. Duemila occhi scattano verso la tribuna, dove lei cerca nascondiglio tra le amiche.
Poi viene giù il palasport: un boato, un lungo applauso, fischi, sghignazzi, qualche esortazione pecoreccia, ragazzine con gli occhi umidi, militanti irritati dalla svolta rosa presa dall’agguerrita assemblea.
Ma nulla ferma il Romeo della III B: “Lo voglio dire qui davanti a tutti”, aggiunge mentre ormai tra gli altri è tifo aperto, “io non posso vivere senza di te, la mia vita non ha senso, ti amo“. Il palazzetto diventa un’arena e il ragazzo è un fiume in piena. Nessuno osa strappargli il microfono, nonostante il malumore dei capataz. “So che adesso tutti mi prenderanno in giro – conclude lui – ma non m’importa, Silvia dammi un’altra possibilità“.
Molla tutto in mano a una compagna e si avvia con passo deciso verso l’uscita.
“Hai svilito la nostra riunione, l’hai ridicolizzata“, lo accusa dal palco un tizia con cresta color volpe e copiosi piercing. Ma nessuno l’ascolta. Tutti gli occhi sono per lo studente che si allontana tra ali di folla plaudente e per la sua fidanzatina mimetizzata tra il pubblico.
Quando lui scompare nell’androne, l’applauso sale. Si acquieta qualche secondo. E riprende scrosciante quando la figura esile di una ragazza bruna, vestita di grigio, sgattaiola fuori dalla fila numero 18 e in silenzio lo raggiunge.
Nell’aria aleggia l’ombra di Alberto Castagna. E fu così che anche i contestatori persero l’innocenza.