Ciò che si temeva, è accaduto: la questione, approdata in modo parziale sulla grande stampa, sta provocando titoli ad effetto ed equivoci tragicomici. Che non giovano a nessuno e ostacolano la soluzione del problema politico globale.
Volendo essere maliziosi, si potrebbe dire che per certi versi le avvisaglie di quello che si sarebbe rivelato l’intimo disegno del Piano Paesaggistico Regionale, al centro delle polemiche (qui e qui) di questi giorni, si erano avute già sette mesi fa.
Quando, tra il generale dileggio, la Regione Toscana se ne uscì (qui) con una campagna di promozione turistica basata, per l’appunto, su paesaggi visionari. Per non dire surreali. Diciamo pure finti.
Ma il bello è che, per altri versi, quelle stesse avvisaglie al contempo lo smentivano: le oniriche visioni dei creativi mostravano infatti un paesaggio rurale levigato, con monocolture quasi a perdita d’occhio, dolcemente modulato su colline senza asperità (ruspa venit?) e punteggiato di tanti, giovani cipressini farlocchi. I medesimi per piantare i quali il PPR vorrebbe ora porre dighe burocratiche e “sconsigli” apodittici.
Il peggio, tuttavia, doveva venire.
Ed è venuto: la vicenda ha valicato i confini regionali, è approdata sulla grande stampa e, come spesso accade, questa ne ha preso un aspetto solo. Quello più rumoroso, più appariscente. E sul quale c’era chi aveva (legittimamente) più interesse e capacità di fare audience.
Con il risultato di porre all’opinione pubblica la questione in termini molto parziali e di mettere in ombra tutto il resto. Insomma facendo sembrare che il problema non sia agricolo, ma vinicolo.
Oggi, sul Corriere della Sera, esce (qui) Gian Antonio Stella: “La disfida dei filari di vite in Toscana: sono troppi, il paesaggio è di tutti“, strilla il titolo. Nel lungo articolo che segue, come sempre ben scritto, c’è un’equilibrata disamina delle questioni e dei punti di vista sull’argomento di cui sopra, cioè il rapporto vigne-paesaggio.
Olivicoltura, vivaismo, cerealicoltura, zootecnia e le altre mille, dolorose branche dell’agricoltura? Come se non esistessero: per il Corriere della Sera (e per il 99% della stampa italiana che si è interessata alla faccenda: quindi per chi legge i giornali) il nodo del Piano Paesaggistico Regionale consiste solo nello scontro di idee e di interessi tra teorici (marxisti) del paesaggio e vignaioli. E l’oggetto dello scontro sarebbe, alla fine, se i vigneti “inquinano” o “provocano le frane” o meno.
Banalizzazione e polarizzazione spinte, insomma.
Un quadro frustrante e disarmante, sia per la larga parte di agricoltori trascurati dai media, sia per chi, come noi, si occupa di informazione sull’agroalimentare.
Ma ormai la frittata è fatta.
Prepariamoci a un autunno di battibecchi enoambientalisti e pace all’anima di tutto il resto, che si ritroverà relegato al ruolo di “giardiniere del popolo” (qui), come del resto anche l’Ue sembra per altri versi desiderare.