Il 22/12/70 usciva “Lo chiamavano Trinità“, cult movie tra western e comicità che avrebbe cambiato il cinema popolare. I figli del produttore Italo Zingarelli, di Bud Spencer e l’inossidabile Terence Hill l’hanno festeggiato a Rocca delle Macie, in un Chianti abbacinante, con un museo dedicato.

 

E’ serata una serata gioiosa, spensierata e divertente, insomma memorabile, quella che ieri sera a Rocca delle Macie, sullo sfondo di un Chianti corrusco sotto le nubi e la luce radente, ha inaugurato i festeggiamenti per il 50° dell’uscita nelle sale (22 dicembre 1970) di “Lo chiamavano Trinità“, il cult movie prodotto da Italo Zingarelli e destinato a consacrare, oltre alla nascita di un genere, una delle coppie-simbolo del cinema popolare italiano: Bud Spencer e Terence Hill.

E’ stata una serata memorabile prima di tutto perchè, in equilibrio tra intimità e glamour, ha messo insieme tante cose: nostalgia e divertimento, gag e commozione, spettacolo e spontaneità, rievocazioni e rivelazioni, famiglie e amici, ricordi e attualità, vino e industria cinematografica, città e campagna.

E poi perchè – dandone merito alla conduttrice Paola Saluzzi, davvero bravissima nel destreggiarsi su un palco all’aperto e davanti a centinaia di persone sedute, all’aperto anche loro, per la cena gourmet preparata dal Maurizio Bardotti, bravo pure lui – non solo non si è fermata al cospetto della pioggia intermittente che rischiava di provocare una fuga di massa, ma dall’imprevisto ha tratto lo spunto per rendere il tutto ancora più giocoso e spontaneo di quanto già non fosse. Insomma una situazione da Trinità, dove in cielo sicuramente l’evocatissimo Bud Spencer le ha suonate a Giove Pluvio affinchè non trasformasse quella pioggerella nel temuto diluvio.

Tutt’intorno la moglie, i figli e i nipoti di Italo, un Terence Hill inossidabile (alias Mario Girotti, alias Don Matteo per i più giovani, che dimostra almeno venti in meno dei suoi 82 anni), il sottofondo dell’ormai straclassica colonna sonora del film, l’iconica branda trainata dal cavallo sulla quale tutti, compreso il vostro cronista, si sono sdraiati, una magnum in edizione limitata di Chianti Classico Gran Selezione 2016 “Trinità” dedicata dai figli Fabio, Sandra e Sergio al padre e, ciliegina, il “Museo Italo-Trinità”, un allestimento permanente con cimeli dei set e foto di scena, aperto al pubblico e destinato a diventare l’attrazione “wine&movie” della fattoria.

Insomma, l’epopea degli sganassoni incruenti continua.

E attenzione perchè, come ha minacciosamente ricordato Sergio Zingarelli, il 2 ottobre del 1971 usciva il sequel, “Continuavano a chiamarlo Trinità“, che si colloca al quarto posto nella classifica dei film italiani più visti di sempre con 14,5 milioni di spettatori paganti.