Tempo fa scrissi del progetto “solidale” di due amici di Montespertoli (FI) per un pane “sostenibile” sia dal punto di vista qualitativo sia economico, che “spalmava” costi e ricavi dal produttore al consumatore. Ora ecco la seconda puntata: la teoria alla prova dei fatti!

Con buona pace dei fintotonti che su FB, fingendo di equivocare, all’epoca tentarono di cogliere l’occasione per fare da avvocati d’ufficio dell’industria sementiera (che peraltro nessuno aveva chiamato in causa nè accusato), l’idea balzana della premiata coppia Marco & Gianni da Montespertoli (Firenze) va avanti senza inciampi e senza imbarazzanti infortuni.
Rimando al pezzo pubblicato qui tempo fa per i dettagli.
Ora mi limito a dire che i due, rispettivamente fornaio e mugnaio, si sono messi non solo a fare pane con farine ricavate da “grani antichi“, cioè dismessi e quasi scomparsi dalla produzione agricola corrente, ma anche a commercializzarlo con una formula socioeconomica che, se non fosse per le riprovevoli implicazioni conformiste dell’espressione, mi verrebbe da definire “solidale“.
In breve: basandosi sul principio che si usano le risorse che si hanno, senza “forzarne” la riproduzione e quindi autolimitandosi anche nelle produzioni, la coppia di artigiani sforna ogni giorno il volume di pane che le riserve di farina disponibili gli consentono e lo mettono in vendita a un prezzo ragionevolmente praticabile, sia in considerazione delle loro spese che delle tasche dei consumatori. Con il ricavato fanno in modo di offrire pure ai produttori di grano (soggetti indispensabili per la fornitura di materia prima) un guadagno soddisfacente, proporzionale ai rischi assunti, alla fatica fatta e alla bontà del raccolto.
Utopia? Mica tanto.
Il ragionamento lo riassume Marco: “Mi accontento di guadagnare il giusto e ciò è possibile solo se il mio pane è comprato volentieri e con continuità. Affinchè ciò accada è necessario che sia sempre buono e che io abbia sempre la farina per farlo. Ma per avere sempre farina occorre che i produttori producano buon grano a sufficienza e lo possano fare anch’essi con continuità, avendone un guadagno sufficiente e protetto il più possibile dai rischi. Io faccio in modo che questo accada, pagandoglielo spesso di più e a volte molto di più del prezzo normale. In cambio chiedo un prodotto garantito, naturale, biologico. Ma sulla fiducia, senza scartoffie cartacee“.
Nel 2013 a mettere alla prova la parola dei due coraggiosi imprenditori ci ha pensato la natura.
Anzi, il clima. Che ha falcidiato i raccolti, danneggiando moltissimo gli agricoltori. Compresi i produttori di grani antichi.
Risultato: Marco e Gianni hanno aumentato il prezzo del pane per ripagare i loro fornitori delle perdite di raccolto subite e incentivarli a mantenere le colture.
E siccome continuano a credere che il beneficio del sistema adottato, così come gli oneri, debbano essere conosciuti e sopportati da tutti, consumatori inclusi, dai primi di questo mese hanno fatto allegare ad ogni pane venduto un bigliettino che recita testualmente così:
Sapere il perchè aiuta a capire e condividere le scelte che si fanno e vorremmo quindi spiegare come mai il prezzo del pane da grani antichi da novembre verrà aumentato.
Questa annata per chi coltiva grano è stata pessima, le forti piogge hanno ritardato la semina e il raccolto ha avuto una resa per ettaro quasi dimezzata, con una qualità inferiore, e inoltre il prezzo del grano quotato in borsa merci è calato ma, al contrario, noi abbiamo pensato che fosse giusto aumentare per i nostri coltivatori il prezzo del grano al quintale di circa il 20%, così da fare in modo che loro trovassero almeno un minimo guadagno.
Questa nostra scelta comporta di conseguenza un aumento del costo della farina e poi di quello del pane.
Ci piacerebbe che tutti, a partire da chi coltiva grano per finire a chi mangia il pane, avessero conoscenza condivisa di tutto ciò che facciamo e continuino a sperare con noi in un mondo migliore, dove il rispetto delle persone non si valuta con le leggi del mercato.
Grazie per la vostra fiducia“.
Che dire?
Saranno sognatori, utopisti, demagoghi, ma io li conosco di persona, il pane è buonissimo, sono simpatici e li trovo niente affatto stupidi. Hanno una logica precisa, per me condivisibile. Ciò non significa che il loro modello possa essere replicato sempre ed ovunque.
Ma sostenerli, non foss’altro in questa loro pertinace volontà di autonomia, è dovuto.
Chapeau per la seconda volta, quindi!