In comune di Asciano appare a sorpresa il progetto di un “parco eolico” da 10 aerogeneratori alti 200 metri (il doppio della Torre del Mangia) piazzati in mezzo alla celebre campagna di Luzi e delle Strade Bianche. Alzata di scudi generale, ma la guerra appare difficile.
Proprio in questi giorni mi è capitato di vedere on line lo spezzone di un vecchio film di fantascienza, “La guerra dei mondi“, del 1953. La trama è più o meno la seguente. Una notte dal cielo piove un oggetto volante, che impatta sul terreno e vi sprofonda, lasciando solo una superficie brulla e calda. Superata l’iniziale sorpresa, la curiosità della gente si dirada e la vigilanza sul sito si allenta. Giorni dopo, però, dalla terra comincia a affiorare qualcosa, che presto diventa un’antenna e poi una specie di torre-cannone che lancia raggi in grado di incenerire in un attimo oggetti, persone, carri armati e aeroplani. E’ il primo segnale di una invasione aliena inarrestabile, dotata di armi apparentemente invincibili. Vi risparmio il finale, che è lieto ma giunge al termine di indicibili pericoli, sforzi e sofferenze.
Mutatis mutandis, è più o meno quello che sta accadendo (ma ovviamente ancora non si sa come si concluderà la vicenda) ad Asciano, in provincia di Siena, capoluogo morale delle celebri Crete Senesi, dove vivo.
La mattina del 29 settembre, senza prevviso alcuno, compare sull’albo pretorio (qui, con tutti i dettagli utili) una comunicazione che, papale papale, annuncia l’avanzato stato autorizzativo di un progetto ministeriale per l’installazione sulle dolci colline circostanti – in odore di Unesco e teatro di spot pubblicitari ed eventi celeberrimi, tipo Strade Bianche – di dieci pale eoliche alte duecento metri e la costruzione di edifici di supporto per oltre mezzo ettaro di superficie. Il tutto su terreni privati ma espropriabili per pubblica utilità, nel caso in cui gli organi competenti dessero il definitivo ok al progetto medesimo, presentato da una srl creata ad hoc da una più grande società milanese specializzata in quel tipo di investimenti. Ok al quale il Comune può opporsi con pareri non vincolanti da dare alla Regione Toscana entro il 15/10 e al Ministero il 26/10, mentre nei medesimi termini i semplici cittadini possono inviare “osservazioni“. Non è ancora dato capire, vista la complessità normativa della materia, se la decisione finale sarà presa a Firenze o a Roma.
Per rendere l’idea di ciò di cui stiamo parlando, diciamo che il sito in parola, ubicato in aperta e paesaggisticamente pregevole campagna, dista in linea d’aria una quindicina di km da Siena e circa 25 km da Montalcino. E che dal sito stesso si vedono chiaramente i tetti della città del Brunello e la Torre del Mangia, alta circa 100 metri. Ecco: immaginiamo l’effetto visivo che anche da parecchio lontano sortiranno delle “torri” eoliche alte il doppio e con un raggio di pale di 80 metri. In pratica saranno visibili, con orrendo scempio, dal Chianti al Monte Amiata, dal Cetona alla Montagnola, dalla Valdorcia alla Valdelsa. “Forse solo il Colosseo sarebbe un’ubicazione peggiore“, è stato osservato.
Ma torniamo al 29 settembre.
Il giorno dopo, 30 settembre, qualcuno si accorge della pubblicazione sull’albo pretorio e lo segnala su FB. La notizia si sparge a macchia d’olio. Il Comune si affretta a dire di non saperne nulla e proclama la sua contrarietà, subito abbracciata anche dall’opposizione. I proprietari dei terreni interessati (dei quali il documento afferma però di avere il consenso) altrettanto. L’allarme tra la popolazione sale: è evidente che la realizzazione del “parco” (così è voluttuosamente e eufemisticamente chiamato l’impianto eolico, di fatto un pesante compound industriale) sarebbe destinata ad avere conseguenze esiziali non solo sul turismo e l’economia connessa, ma sulla qualità della vita, le quotazioni fondiarie, l’agricoltura, insomma sull’intero sistema socioeconomico delle Crete Senesi, l’area a est di Siena che in pratica, come detto, “collega” il Chianti alla Valdorcia e Siena alla Valdichiana.
Smarrimento, indignazione, rabbia, capannelli, dibattiti sui social e non, dilagano. Non mancano gli imbarazzi, le polemiche, i distinguo, i fatali e entro un certo limite comprensibili tentativi di strumentalizzazioni politiche, locali e non, e le giuste domande che si fa la gente: davvero nessuno sapeva? Possibile che nessuno sapesse e che sul serio una cosa del genere possa piombare, senza preavviso alcuno, sulla testa di una comunità? Non è strano che ciò accada, o emerga, proprio alla vigilia delle elezioni regionali, con i silenzi obbligati che essa comporta, e in un clima politico acceso? Quanto il sistema e gli eventi in corso sono frutto di scelte governative e quanto delle scelte di tutti i governi succedutisi negli ultimi 15 anni? Quanto gli interessi di realtà demograficamente ed economicamente modeste, e perciò anche di peso politicamente modesto, possono essere messi in gioco da dinamiche più grandi di loro, come in questo caso? Ci sono complicità o cointeressi incoffessabili? E a quale livello di potere? Soprattutto: come ci si oppone con qualche speranza di successo?
Approfondendo si scoprono ovviamente molte cose.
Che la società proponente è la stessa che ha presentato progetti uguali o affini in decine di altre località italiane, compresa la toscanissima Manciano, in Maremma, da tempo impegnata in una dura battaglia burocratica. Che esistono meccanismi automatici di origine comunitaria che, con la scusa della transizione energetica e con la leva della incentivazione e speculazione finanziaria consentono di varare operazioni simili in tempi brevi e con termini per l’opposizione ancora più brevi. Che i parchi eolici beneficiano della “neutralità urbanistica“: non essendo intesi come un’occupazione di suolo, si possono, sebbene contro ogni logica, costruire tranquillamente anche nella più ubertosa delle campagne. Che esiste una selva di intricatissime competenze, pareri, autorizzazioni incrociate, valutazioni tecniche che coinvolgono praticamente tutto il settore pubblico – Stato, Ministeri, Regione, Soprintendenze, Comuni, etc – e che il campo di battaglia è in sostanza burocratico: un campo in cui attribuzioni, ragioni di opportunità, pressioni politiche e popolari, argomentazioni giuridico-amministrative più o meno ben sostenute sono parte essenziale degli arsenali con i quali la guerra, perchè di questo pare trattarsi alla fine, sarà combattuta.
Si scopre anche un’altra amara quanto sottaciuta evidenza: che il caso Asciano non è che il cavallo di Troia attraverso il quale, basandosi sui medesimi meccanismi e automatismi, si potrebbero aprire le porte a decine di altre consimili inizitive sui territori circonvicini, sulla scia di quanto già accaduto in tante parti d’Italia e soprattutto al sud (vedi foto di apertura, presa da Basilicata24.it, ma esistono esempi anche nel vicino Alto Lazio).
Il contesto è pericolosissimo: l’emotività rischia di prevalere sul raziocinio, l’istinto sul pragmatismo, il tornaconto elettorale sulla visione a lungo termine, l’opportunismo sull’interesse generale. Non solo la comunità, ma nemmeno le istituzioni locali hanno le strutture e le competenze tecniche necessarie ad affrontare, nei brevi tempi richiesti, la questione con la prontezza, gli argomenti e gli strumenti del caso. Non aiuta, e forse non è un caso, una cultura del sospetto sempre più diffusa tra i cittadini e almeno in parte giustificata dalla sconcertante effetto-sorpresa con cui tutta la vicenda è emersa. E che, se non al dolo, fa credere a qualcuno che ci siano responsabilità di colpa, di negligenza, di inadeguata vigilanza. Sentimenti che non giovano alla creazione di un fronte unitario di contrasto al progetto “H002 – Asciano” (così lo chiamano le carte ministeriali), l’unico al momento davvero indispensabile per disinnescare la minaccia.
Ora è il momento delle assemblee e dei comitati.
Tutto fa brodo, per carità.
Ma alla guerra si va coi cannoni, non con le fionde.
A tutto questo va aggiunto il rischio mediatico: ossia che un utilizzo maldestro della comunicazione e una gestione sbagliata della diffusione delle informazioni e dei rapporti con la stampa generino equivoci o contribuiscano (sarebbe un classico) a spostare l’attenzione dalla luna al dito, magari sotto l’abile regia di professionisti scafati. Sarebbe un film, appunto, già visto.
Vi terremo aggiornati.