di ANDREA PETRINI
Trebbiano d’Abruzzo 1995 Emidio Pepe: dopo oltre 25 anni, la bottiglia dello storico vignaiolo-contadino abruzzese perde l’etichetta, ma non la straordinaria qualità. Con buona pace degli enogufi.

 

Classe 1932, Emidio Pepe, rimane probabilmente uno dei pochissimi contadini italiani legati ancora ad una dimensione ancestrale del vino che, probabilmente, quasi non esiste più. Chi lo frequenta, a Torano Nuovo, dove vive e dal 1964 ha la sua azienda fondata, sa che nonostante i 90 anni, il nostro non si gode la meritata pensione: ha sempre le mani sporche di terra e spesso lo si trova in giro tra le amate piante di Trebbiano e Montepulciano. Vitigni che, grazie a una tenacia e volontà dimostrate in tempi non sospetti.

Poichè da tanto tempo, forse troppo, non passo a trovarlo, mi è venuta la voglia di andare a cercare in cantinetta quella bottiglia che tanto tempo fa riuscii ad acquistare a un’asta di beneficenza.

Ed ecco la mia bottiglia datata 1995, come si evince dalla fascetta (l’etichetta invece è andata perduta).

Il buon Emidio ti direbbe che è ancora giovane, qualcun altro parlerebbe di vino defunto e quindi, per risolvere la questione, lo porto ad una cena tra amici e lo stappo!

Come molti speravano, dalla bottiglia è uscito un Trebbiano assolutamente stupefacente: già dal colore che, dopo oltre 25 anni, non ha perso affatto la sua lucentezza e la sua carica cromatica giallo paglierino.

Nemmeno alcun segno di ossidazione, no, mi spiace!

Man mano che si ossigena, affascina con un carosello di sensazioni che al minerale (non cominciate, eh!) associa ricordi di mela renetta, camomilla essiccata, girasole, pera kaiser, nespola e bergamotto.

Al palato è, se possibile, ancora più straordinario, con un armonico ritorno di tutti i sentori che, come per un vino appena uscito, sono subordinati a un pungolo di irrequieta freschezza: una trama gustativa tale da, a distanza di oltre un mese, darmi ancora la pelle d’oca.

Emidio, uno che ha capito tutto.

 

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