La storia del rapporto tra il sottoscritto e i corrieri è una nota telenovela. Il bello è che, giorno dopo giorno, l’aneddotica si arricchisce con episodi e spigolature sempre epatopatologicamente nuovi.
Questo però, appena avvenuto, supera ogni precendente.
Puntuale come la morte, alle 14.00 del 9 agosto, con 39 gradi all’ombra, suona il corriere.
Lui: Devo fare una consegna ma ci sono da pagare 4 euro.
Io: è un contrassegno? Strano.
Lui: non è un contrassegno, è una giacenza.
Io: una giacenza? E cioè?
Lui: si vede che non c’era nessuno o che l’autista non è venuto.
Io: non ho trovato nessun avviso e se l’autista non è venuto è un disservizio vostro.
Lui: in effetti…
Io: in ogni caso non pago.
Lui (indeciso): e allora che devo fare?
Io: mi dai il pacco e dici al capo di andare a quel paese.
Lui: mo’ lo chiamo.
Lo chiama. Breve confabulazione durante la quale il povero autista, ben conscio della guanofigura alla quale veniva esposto dal datore di lavoro, cerca di arrabattarsi.
Origlio le parole del capo, che chiede: ma è arrabbiato?
Lui: sì.
Il capo: ma paga?
Lui: no.
Il capo: allora non riscuotere nulla.
Epilogo: offro il caffè all’autista dietro promessa di mandare a quel paese la ditta da parte mia.