I proclami di fine anno, cosa ben diversa dai bilanci, li ho sempre trovati un po’ patetici, per il condensato di prevedibili ovvietà che il povero proclamante è costretto a pronunciare, sebbene poi tutti o quasi i destinatari dei discorsi fingano di aver colto in quelle parole di circostanza messaggi profondissimi.
Imperatori, re, presidenti: è per tutti lo stesso.
La parte tragicomica è quando chi è sotto, o anche molto sotto a quelle gerarchie sente la necessità di lanciare al mondo il suo personale proclama. Sui social ne sto leggendo a bizzeffe, sempre in sapiente equilibrio tra il ridicolo e il patetico.
Meno male che mancano ancora 364 giorni al prossimo giro di vaniloqui.
Auguri!